Pier Paolo, la sfida continua
Abel Ferrara non poteva scegliere banco di prova più ostico per rimettersi in discussione in età matura. Misurarsi con Pasolini somiglia a quel gioco (temerario) che fanno alcuni ragazzi : accendere assieme un petardo e sfidarsi a chi lo regge in mano più a lungo. Ovvero, quando ci si accosta al più scomodo intellettuale della storia d’Italia c’è sempre il rischio di farsi male. A Ferrara, l’ultimo film non esplode in mano, ma quanta fatica per evitare il botto. La pellicola, che racconta quel fatale giorno di novembre del ’75, pendola – spesso a fatica – lungo binari paralleli : il Pasolini del quotidiano si sovrappone a stralci immaginari di ‘Petrolio’, il romanzo incompiuto, e di ‘Porno-teo-kolossal, il film che avrebbe dovuto vedere Eduardo De Filippo protagonista. Ne consegue un andamento tortuoso che se qua e là imbocca vicoli ciechi, altrove regala spunti brillanti, come certe intuizioni di gusto felliniano (il richiamo è a ‘Satyricon’) del mancato film. ‘Pasolini’ è film buio, nella fotografia come nell’ambientazione. Pure di giorno la penombra avvolge Pasolini. Tale carenza di luce, persino domestica, pare anticipazione ossessiva del nero senza ritorno in cui sta affondando la vita dell’uomo. Sicché per contrasto risalta piacevolmente la scena in cui Pasolini, sotto il sole e sotto le note di musica croata, gioca al pallone con ragazzini su uno spiazzo di periferia, una spianata altrettanto squallida che quella dell’Idroscalo dove il fattaccio sarà consumato di lì a poche ore. Dei molti (troppi) e diversificati momenti in cui si frange il racconto, i migliori sono apparsi l’intervista e l’incontro con Pelosi. Willem Dafoe è un Pasolini efficace e credibile al di là della felice somiglianza fisica. Nel complesso un film che, nonostante la discreta qualità dei dialoghi, lamenta una struttura incerta. Si può dire risenta dell’assenza di Nicholas St. John, lo storico sceneggiatore di Ferrara. Il miglior St. John, quello della celebre trilogia del peccato (Il cattivo tenente, Occhi di serpente, Addiction) avrebbe fatto molto comodo a Ferrara, un autore così sensibile ai temi del peccato, della violenza e della trasgressione (“Scandalizzare è un diritto, scandalizzarsi un piacere”, fa dire al suo Pasolini). – Il film è stato presentato venerdì scorso al Cineporto davanti ad una folla imponente (si sono resi necessari due maxi schermi all’esterno della piccola sala). Un afflusso, di giovani per lo più, che prescinde dalla presenza di Ferrara, di alcuni interpreti e, a proiezione avvenuta, del ‘divino’ Ghezzi. Il che segnala la costante attualità di un intellettuale e di un artista destinato a restare un caposaldo della cultura non solo italiana del Novecento.
Italo Interesse
Pubblicato il 3 Febbraio 2015