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Pietro Maiellaro: “Aver lasciato Bari è il mio unico rimpianto”

 

Ieri durante un’ospitata ad una trasmissione calcistica di “Barimania Estate” svolta da una location suggestiva quale il ristorante barese “La tana dei Lupi” ristorante che affaccia sul Lungomare, abbiamo intervistato uno dei più grandi numeri dieci della storia biancorossa, Pietro Maiellaro, nato a Lucera dove è anche cresciuto nel settore giovanile della squadra foggiana, prima di vestire le maglie di Varese, Avellino, Taranto, Palermo, Taranto e poi il suo approdo al Bari. A Bari approdò nell’estate del 1987 con tantissime polemiche e manifestazioni cittadine da parte dei tifosi tarantini che lo avevano osannato, a volerlo fortemente il presidente Vincenzo Matarrese che lo comprò per due miliardi e 300milioni oltre a due giocatori, un acquisto davvero importante. Noi, abbiamo avuto modo di intervistarlo a trecentosessanta gradi sul suo passato non solo in biancorosso, ed anche proiettandoci sul Bari di mister Cornacchini, targato Luigi De Laurentiis. Tuttavia, in biancorosso è stato dal 1987 al 1991, segnando 26 gol più tre in Coppa Italia. Dopo il Bari, il numero dieci ha vestito rispettivamente le maglie di Fiorentina, Venezia, Cosenza, Palermo, del Tigres in Messico (con un ricco ingaggio), Benevento e Campobasso dove ha concluso la carriera da calciatore ed iniziato da allenatore. Diversi i club allenati, l’ultimo nel 2016, il Pietramontecorvino, con un modulo sempre a trazione offensivo. Il giocatore ai nostri microfoni ha parlato del suo passato senza veli, con la sua creatività di sempre che aveva in campo e passione che ha messo anche quando è diventato tecnico.

Pietro il tuo arrivo a Bari è stato quasi sofferto perché i tifosi del Taranto sono quasi insorti e manifestarono in sede, ci sveli come andò e realmente come hai fatto ad ambientarti subito, chi sono stati i tuoi primi amici?

“Si, il Taranto aveva deciso di cedermi contrariamente alla mia volontà. Aveva già raggiunto un mezzo accordo con la Roma, poi non so per quale motivo saltò tutto ed il Bari di Matarrese piombò con decisione che mi voleva a tutti i costi. Non ci fu trattativa, loro avevano fatto la loro offerta e la società ha accettato subito, era fatta. Io non mi sono opposto perché sapevo che sarebbe stato comunque un salto di qualità, pero ero affezionato e legato alla piazza che manifestò in sede, e quando andai in sede a prendere le mie ultime cose e per gli ultimi dettagli da sistemare con la società, passai da una porta secondaria, perché ammetto di aver avuto paura a vedere tutti quei tifosi inferociti con società ed il sottoscritto, resta in ogni caso un bellissimo ricordo due stagione intense, dove da De Vitis a tanti altri, mi sono trovato bene e fatto anche li gol che sono rimasti negli almanacchi. A Bari, uno dei miei primi amici è stato Sergio Fanelli, poi legai con qualche compagno di squadra da Gianni Loseto a De Trizio che tutt’oggi non perdo occasione per passare con loro qualche serata, e poi tantissimi altri tifosi che sono diventati amici”.

 

 

Dopo il primo gol con la maglia del Bari giunto alla quattordicesima giornata contro la Cremonese, in quella successiva segnasti nel derby contro il Lecce, il primo gol fu timbrato da De Trizio, poi il tuo. Che ricordi conservi e come fu giocare contro il tuo Taranto?

“Si, ci misi in po’ per ingranare, per poi non mi fermai più. Ricordo ancora come se fosse ieri quel gol in trasferta a Cremona ed il gol al Della Vittoria, Persino Giorgio segnò, – ndr, ride perché molto amici– ed allora mi dissi dovevo per forza segnare. Ma quando hai in squadra gente come Terracenere, Di Gennaro, Cowans, Rideout, Carletto Perrone di una categoria superiore per la serie B, quel Bari vi assicuro che avrebbe meritato la promozione al mio primo anno, ma pagammo qualche errore. Con il Taranto vincemmo in casa e pareggiamo in trasferta con uno dei due gol segnato da un altro mio caro amico. Gianni Loseto, la bandiera del Bari immortale”.

Nella tua seconda stagione in biancorosso hai fatto parte usando delle tue parole in un’intervista rilasciata qualche anno fa, hai detto facevi parte di un “Bari tosto” ti sei legato a qualcuno, con chi eri compagno di stanza, svelaci qualche aneddoto?

“Intanto vi posso dire che Pietro Maiellaro non è mai retrocesso né da giocatore né da allenatore, impresa non riuscita nemmeno a Franco Baresi. Casualità? Forse. Però ci ho sempre messo il cuore, c’era qualche molla che a un certo punto scattava in me, e dovevo prendere palla e scappare in porta, si giocava tutti in sintonia, portare a casa il risultato la vittoria o il pareggio, però dare tutto per quella maglia che indossavo. Compagno di stanza? Avevo tanti compagni di merenda, avevo il mio carattere e mi piaceva essere scherzoso, però quando si giocava diventavo serio”.

Non posso non chiederti cosa hai provato a sollevare l’unico trofeo ed addirittura internazionale vinto dall’AS Bari, a parte i tornei giovanili il Viareggio e campionato Primavera con Sciannimanico? E se hai rimpianti di aver lasciato Bari per la Fiorentina?

“Come non scordarmi, vedere le lacrime di un uomo tutto di un pezzo come Carletto Perrone sollevarla al cielo, insieme ad Angelo Terracenere, e i baresi da Loseto a tutti gli altri. Che stagione memorabile. Io segnai un gol alla prima delle tre partite disputate, la finale vinta contro il Genoa. In quella stagione ricordo anche di aver segnato alla Juventus su rigore allo scadere del tempo regolamentare con i baresi in visibilio. Auguro di vero cuore alla società di Luigi De Laurentiis, di sollevare trofei e portare il Bari più in alto possibile. Per quanto riguarda rimpianti, non ne ho mai avuti se non uno, di aver lasciato Bari, punto e non per andare a Firenze. Si lì trovai gente come Effemberg, Borgonovo, Battistuta, ed era stato Roberto Baggio fino alla stagione prima, ma col tempo ho capito che avrei potuto proseguire la carriera in biancorosso, perché Bari ti dà tanto da calciatore ed all’epoca chi ha vestito questa maglia sa di che parlo. Anzi, ringrazio tantissimo ancora ad oggi mister Salvemini che mi ha fatto tanto crescere anche tatticamente”.

Di gol bellissimi ne hai fatti tanti, molti anche con altre maglie come uno contro il Cosenza quando saltasti i tuoi ex compagni della Fiorentina, da Effemberg, Pioli, e segnasti ad un certo Francesco Toldo. Però, voglio, chiederti come è nato quel gol da distanza siderale, al San Nicola contro il Bologna di Mario Ielpo, una partita che terminò per quattro a zero, con doppietta tua e del brasiliano Joao Paulo, altro calciatore amato dalla tifoseria barese. Aggiungo che nello stesso anno alla penultima giornata faceste lo sgambetto al Milan di Sacchi che perso lo scudetto in favore del Napoli, proprio in virtù di quel passo falso?

“Grazie, per aver ricordato certi momenti. Parto dal gol segnato con la maglia dei calabresi, se lo avessi segnato in serie A, sarei andato in Nazionale e se ne parlerebbe ancora negli almanacchi di calcio e in tanti se lo ricorderebbero, invece così se lo ricorda ancora Francesco Toldo, tu che l’hai menzionato ed io. Scherzo, come ti ho detto non ho nessun rimpianto. Il gol a Ielpo sicuramente è stato uno dei più belli, ma molte volte altri sono nati figli degli schemi che ci chiedeva mister Salvemini. Joao Paulo? Devo dire che era uno “Stronzo” amichevolmente lo dico, perché se avesse usato i parastinchi forse quel p… che lo fermò con quel fallo, non gli avrebbe interrotto la carriera. Joao Paulo o meglio Sergio Luis Donizetti è stato uno dei più grandi, faceva parte della Nazionale brasiliana ed amava il calcio, e come tale doveva sentirsi libero di giocare, ma non metteva mai i parastinchi ed ogni partita essendo uno dei più forti, prendeva un’enorme quantità di calci”.

Concludiamo sul Bari di Cornacchini. Hai fatto anche il percorso da allenatore, peraltro del Bari Primavera, da addetto ai lavori dove ritieni che la squadra biancorossa si debba rinforzare maggiormente. Inoltre, che parte pensi reciteranno i Galletti in un campionato difficilissimo con squadre attrezzate come Avellino, Catania, Reggina, lo stesso Monopoli, l’incognita Virtus Francavilla che viaggia da anni in zona playoff, lo stesso Foggia se dovesse farcela ad iscriversi e persino il Bisceglie, qualora dovesse essere ripescato, con altre squadre che daranno battaglia per la promozione?

“Sarà come una B2, chi fa la squadra la costruirà anche in proiezione futura, perché servirà l’ossatura di base ed innesti di qualità, gente affamata. Cornacchini ha dimostrato di vincere, ho letto che ha promesso che vorrà fare anche un bel calcio, avendo badato una squadra molto pragmatica lo scorso anno. Le squadre si costruiscono a partire dalla difesa, poi un centrocampo di qualità e dei killer in area di rigore, penso che se la società manterrà la parola che interverrà pesantemente sul mercato, servano 6/7 innesti insieme a dei giovani motivatissimi pronti a vender cara la pelle. Le motivazioni nel calcio fanno la differenza anche se di fronte ti trovi una squadra di spessore tecnico superiore. Sul Foggia e Galano che dire? Quest’anno sono stati sfortunati, non solo per i problemi societari e penalizzazione, ma avevano un organico di tutto rispetto che avrebbero potuto osare ed invece pian piano si sono spenti ed hanno cercato di salvarsi alle ultime giornate. Cristian lo conosco bene è così, non era semplice per lui giocare in patria e so che ci teneva tantissimo, ma gli farà bene quest’esperienza per tornare più forte, ora è tornato al Parma ma si accaserà sicuramente in una squadra in serie cadetta”

Marco Iusco

 


Pubblicato il 21 Giugno 2019

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