Cultura e Spettacoli

Pinocchio in carne ed ossa, il ritorno

Fosse stato per il Lorenzini le avventure di Pinocchio si sarebbero concluse con la morte del burattino, impiccato dal Gatto e la Volpe. Ma davanti alle proteste dei lettori de Il Fanfulla, il quotidiano sul quale comparvero le prime otto puntate di quelle celebri avventure, l’Autore si ‘rassegnò’ a completare la storia che, come tutti sanno,  si chiude con l’evoluzione della marionetta in un bambino in carne ed ossa. Poi?… E’ l’interrogativo di tutte le grandi storie. Cosa potrebbe esserne stato di Pinocchio-bambino, davvero rimase bravo, smise di mentire? Si dice che il lupo perde solo il pelo. Come coniugare allora un’incoercibile inclinazione alla menzogna con l’imperativo categorico della verità? Basta fare un compromesso con la coscienza : mentire per mestiere, platealmente… come un attore. Pinocchio che, cresciuto, si vota all’arte scenica… perché no? Il talento non gli manca. Già il modo trionfale in cui l’accolgono i ‘colleghi’ del teatrino di Mangiafuoco segnala nel Nostro una vocazione. Dunque, Pinocchio attore, forse di prosa, oppure un cabarettista, un personaggio da tabarin, da avanspettacolo. Un Pinocchio fatto-grande che a un certo punto, come succede a tutti i teatranti, avverte il bisogno di raccontarsi. Ma il Lorenzini ha già detto tutto, si dirà. E tu vuoi mettere la stessa storia narrata dalla prospettiva del protagonista? E’ dunque il caso di stare ad ascoltare l’ex marionetta. Ovvero quanto ha fatto la platea della Casa di Pulcinella domenica scorsa quando in scena è andato Flavio Albanese nel suo ‘Le avventure di Pinocchio raccontate da lui medesimo’ (Compagnia Del Sole). Quale curiosa emozione ritrovare Pinocchio, in carne ed ossa, paffuto e barbuto, capelli alla post-’68, e soprattutto senza naso. Un personaggio reso ancora più inafferrabile dalla livrea ibrida : uno sciccoso frac bianco calato su un paio di jeans…. Sovrastato da un semicerchio di lampadine, un insieme di bauli e oggetti di scena avvolge un’imponente scultura lignea della celebre marionetta. Su un palco che si potrebbe pensare eretto al centro di una piazza dove si tiene una fiera paesana, Pinocchio rievoca la propria epopea. La fa con spirito gaio, come si conviene ad un adulto che guardi con tenerezza e nostalgia alle marachelle dell’infanzia. Albanese è solo, eppure basta. Il Grillo parlante e la Fata Turchina sono voci fuori campo. Maschere,  piccoli manufatti in carta pesta e altri accorgimenti suppliscono a balene, ciuchini, gatti, volpi, omini di burro, direttori da circo…. Tutto è evocazione. Senza enfasi da cantastorie, con calore, raccontate alla buona in un’atmosfera da sgangherato varietà (d’obbligo l’omaggio a Totò), si snoda l’arcinota avventura. Flavio Albanese è ironico e autoironico, sempre leggero, divertito e divertente. Uno spettacolo gradevolissimo che coinvolge la platea e regala sorrisi, risate e attimi di tenero languore.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 19 Gennaio 2017

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