Cultura e Spettacoli

Pizzaballa? Meglio il Feroce Saladino

Le crisi economiche producono categorie sociali. Fra queste ultime mettiamo in conto i rigattieri. L’antico trovarobe è oggi evoluto in un raccoglitore più selettivo. I rottami li lascia ai disgraziati, il ciarpame se lo accaparra solo se di tendenza ; non disdegna raccogliere pezzi da collezione. Per quanto privo di competenze specifiche, rastrella perciò francobolli, monete, libri, giornali, calendari d’epoca, dischi in vinile, santini… persino figurine dei calciatori. Attenzione però alla truffe. Martedì scorso, in un negozietto di Bari, hanno cercato di rifilarci il classico bidone. Sfogliando dentro un raccoglitore, confusa a vecchi biglietti d’ingresso al cinema, marche amministrative degli anni sessanta e foto di illustri sconosciuti del primo novecento, ecco spuntare un’immaginetta della Panini. E niente meno quella di Pier Luigi Pizzaballa, un portiere che tra il 1960 e il 1980 disputò 275 partite in serie A vestendo le casacche di Milan, Roma, Atalanta e Verona. Per ragioni rimaste inspiegate, in tempi recenti ha preso corpo la leggenda che vorrebbe introvabile la figurina del numero uno bergamasco nel periodo in cui difendeva la porta atalantina, con la conseguenza di una quantità di album rimasti incompleti e il dolore di altrettanti collezionisti. Un falso che se da un lato ha spinto molti a mettere in vendita quella figurina anche a cinquanta euro, dall’altro ha eccitato la furbizia di altri. Insomma, ‘il’ Pizzaballa che ci volevano rifilare (e per venti euro) non era originale, bensì una copia ricavata scaricando da internet l’immagine del portiere atalantino e stampandola su cartoncino. Quella di Pizzaballa figurina rara è leggenda metropolitana equiparabile all’altra e ben più nota dei coccodrilli nelle fogne di New York. La Panini è stata la prima azienda al mondo ad applicare la miscelazione automatica delle figurine (tutte stampate nello stesso numero per giocatore). Un’accortezza giustificata dalla necessità sia di garantire i collezionisti, sia di applicare una legge risalente a prima dell’ultima guerra e che proibiva il trucco delle figurine rare. Torniamo indietro di ottant’anni. Era il 1934 quando in Italia conosceva un successo travolgente una trasmissione radiofonica che parodiava ‘I tre moschettieri’ di Dumas e che veniva ‘sostenuta’ (all’epoca non si poteva ‘sponsorizzata’ perché termine di derivazione straniera) dalla Buitoni-Perugina. La stessa ditta ebbe poi il gran fiuto di affiancare all’evento la pubblicazione di cento figurine, disegnate dal torinese Angelo Bioletto e dove erano rappresentati tutti i personaggi della trasmissione, da raccogliere in un album. Un album completo dava diritto a un piccolo premio. Chi però ne completava venticinque riceveva una bicicletta, per cinquanta si saliva in sella a una motocicletta e infine a quota centocinquanta si diventava proprietari della famosa Topolino, la mitica utilitaria Fiat. Per malizia commerciale, la Buitoni-Perugina scelse di stampare in numero limitato due figurine, quella del Feroce Saladino e la figurina jolly, con cui si poteva sostituire qualsiasi altra mancante. La caccia alla figurina (effettivamente) rara, soprattutto del Feroce Saladino, assunse cadenze da mercato nero. La cosa irritò l’occhiuto Potere del tempo, sicché un sollecito decreto del Ministero delle Corporazioni intervenne a regolare qualunque altro ‘concorso’ di quel tipo vietando espressamente la “rarità artificiale”. Chissà oggi quanto quota una figurina del feroce Saladino, cinquecento euro?… E quei truffatori ne pretendevano cinquanta per una non-rarità per di più ritoccata. Poi dicono Napoli.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 12 Luglio 2014

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