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Politici regionali nel pallone sui ‘retrocedendi’ e il dramma diventa farsa

La vicenda dei dipendenti retrocessi alla Regione Puglia sta raggiungendo finalmente elementi di chiarezza dopo le delusioni economiche e funzionali stabilite con la famosa “legge-articolo unico” che mirava a demolire la posizione giuridica e manteneva invece la remunerazione economica. Lo dice Francesco Damone, uno dei pochi consiglieri di Minoranza che mantiene lucidità nel momento in cui quasi tutti in Regione, tra politici, amministratori e sindacalisti, sembrano aver perso la tramontana nella guerra dei poveri scatenata sulla testa di 561 che rischiano di essere retrocessioni alle posizioni di dodici anni fa. Di certo si sta scatenando la corsa agli avvocati per proteggere le posizioni acquisite da anni: martedì le prime udienze dopo i ricorsi urgenti ex art 700 di alcuni dipendenti regionali spaventati anche dal fatto che l’articolo unico approvato per salvare capra e cavoli sia una soluzione fallimentare, mirata a mettere in difficoltà l’ex ministro Fitto. La retrocessione, le iniziative della dirigenza, le cause agli avvocati divisi fra articolo 700 e cause di merito, hanno determinato non solo frustrazioni, ma aggravi finanziari per le spese legali dell’Ente e dei funzionari. “Se invece si fosse proceduto ad accogliere la proposta normativa dei lavoratori, completata con il tavolo Introna (quello aperto anche ai parlamentari, che si è tenuto qualche giorno fa nel palazzo di via Capruzzi), oggi i collaboratori sarebbero stati certamente più sereni”, chiosa Damone. Che plaude all’assessore Fiore per la proposta avanzata per i 500 medici mantenuti in servizio grazie al suggerimento del capogruppo del Pdl, Rocco  Palese. Il quale, seppure non votato durante l’ultima campagna elettorale, ha dimostrato di essere uomo delle istituzioni, pronto a contribuire ancora una volta per approdare a soluzioni concrete sia per i sanitari, oggi in grande ansia, che per i dipendenti regionali in attesa di giudizio. Ma sulla vicenda ‘retrocessioni’ c’è stato anche il consigliere Pietro Lospinuso a perdere la testa, esprimendo il suo dissenso rispetto a una situazione “…oggettivamente ingiusta ed ai limiti della drammaticità che investe anche miei preziosissimi collaboratori fin dai tempi del mio Assessorato che non meritano assolutamente l’assurda punizione che incombe su di loro”. Il problema è che Lospinuso prima ha attaccato l’avvocato regionale Colaianni, e subito dopo s’è pentito riconoscendo “…le elevate doti professionali ed umane”, ritirando tutti i passaggi troppo critici sul parere reso dallo stesso avvocato e docente di fiducia di Vendola, contenente anzi preziosi elementi a favore di tutti i potenziali ‘retrocedendi’. Punto di partenza la sentenza della Corte Costituzionale e la ancor più nota norma della L.111/2011 che fa riferimento al noto Concorso del 1999, ma soltanto per gli effetti relativi a chi, grazie soltanto ad esso, ha potuto fare ulteriore carriera. Ci sarebbero dunque con riferimento allo stesso concorso, vincitori buoni e vincitori cattivi alla Regione Puglia: per i primi vale una sorta di sanatoria a posteriori, come se quel Concorso non ci fosse stato soltanto perché hanno fatto ulteriori passi avanti, i secondi invece implacabilmente a picco, nonostante le novità intercorse anche per loro e le funzioni svolte anche da loro nei dodici anni successivi. Quanto al criterio della buona fede, non si vede perché valga per gli uni e non per gli altri. Leggendo il parere reso dall’avv. Colaianni, secondo il primo sfogo poi ritirato da Lospinuso, ci sarebbe da domandarsi con quale spirito l’avvocatura abbia difeso la Regione nel giudizio in questione presso la Suprema Corte. Comunque siamo di fronte ad un’ulteriore ragione per chiudere una storia che da dramma rischia di trasformarsi  in farsa e su questo almeno sembrano tutti d’accordo a via Capruzzi e dintorni…
 
Antonio De Luigi
 
 
 


Pubblicato il 5 Dicembre 2011

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