Cultura e Spettacoli

Povera Luisa, la bugia pietosa

Quest’olio su tela, dal titolo ‘Luisa Sanfelice in carcere’, attualmente conservato presso il Museo di Capodimonte a Napoli, fu dipinto nel 1877 da Gioacchino Toma, celebre pittore pugliese (era nato a Galatina il 24 gennaio 1836). L’opera segna il momento più alto della parabola artistica di Toma, pittore sempre vicino ai temi d’ispirazione sociale o storica e vicino a una visione assorta e lirica del quotidiano, una visione che si manifesta insensibile alla caratura del personaggio ritratto avendo solo cura di metterne la dimensione umana. Il personaggio in questione è una nobildonna campana di cui oggi ricorre il 254esimo anniversario della nascita e che a trentasei pagò con la morte l’ardire d’aver fiancheggiato la Repubblica Partenopea. Il pennello di Toma, quasi un fotogramma, ‘ferma’ la Sanfelice mentre ricama. Il ricamo in questione ha per oggetto un corredino da bambino. La scelta non è casuale. Terminato il processo con la sentenza di condanna a morte, la Sanfelice dichiarò – mentendo – d’essere incinta (ciò spiega il gesto del ricamo). Voleva prendere tempo in attesa di un indulto o della grazia. I medici che la visitarono confermarono la gravidanza, pur consapevoli che quella era una finzione , ma “i medici, per compassione e per ribrezzo di collaborare col carnefice, avevano attestato tutto quello che s’era voluto” (Benedetto Croce). Storica è rimasta la risposta che uno di quei dottori, Antonio Villari, diede ad un Consigliere che ne canzonava la professionalità : “Sentite, consigliere, se c’è una persona che merita la forca, siete voi. Pure vedete, se voi foste condannato a morte e diceste di esser gravido, io l’attesterei!” (ancora il Croce). Stizzito dall’esito del consulto, re Ferdinando dispose che la Sanfelice fosse trasferita a Palermo e lì sottoposta a un secondo consulto. Questa volta, vuoi perché  i  medici fossero stati messi sotto pressione, vuoi perché continuare a mentire significava sfidare l’evidenza (oltre che il boia), il nuovo consesso accertò che la gravidanza non esisteva. Nemmeno l’estremo tentativo della  principessa ereditaria Maria Clementina valse a smuovere il Borbone dal suo proposito di vendetta. Così, l’11 settembre 1800, la sfortunata nobildonna venne condotta al patibolo, eretto in Piazza Mercato, piazza storica di Napoli che da quasi sei secoli era il luogo deputato alle esecuzioni capitali. Tutto era cominciato il 29 ottobre 1268 con la messa a morte di Corradino di Svevia. Il crudele costume ebbe termine proprio con la morte della Sanfelice. Ed ebbe termine pure con la brutta figura del carnefice, il quale, fallito il primo colpo, dovette “tra le grida d’indignazione del popolo” completare l’operazione con colpi successivi.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 28 Febbraio 2018

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