Cultura e Spettacoli

Poveri figli miei! sospirò morente il povero Luigi

Esistono musei d’ogni tipo. Ignoravamo ne esistesse uno ‘del Minatore’. Lo avremmo immaginato a Carbonia, la cittadina sarda fondata negli anni del Fascismo per sfruttare l’unico bacino carbonifero italiano. Mai avremmo immaginato un Museo del Minatore in quel di Casarano, una terra che non possiede più di qualche miniera a cielo aperto per cavare pietra o bauxite. Ma durante la prima metà del Novecento in gran numero giovani salentini inoccupati avvolsero di spago la valigia per salire in Belgio o negli altri centri minerari dell’Europa del nord a estrarre carbone. Al sacrificio di chi morì sul posto di lavoro o sullo stesso ci rimise la salute è dedicata questa struttura. A volerlo – e fortemente – fu Lucio Parlotto, un ex minatore di Casarano e Maestro del Lavoro (scomparso lo scorso anno), minatore in Belgio in gioventù. Una decisione maturata dopo aver visto morire tra le proprie braccia un compagno. Un giorno del 1970 – a 875 metri di profondità i giorni della settimana, i mesi e le stagioni non hanno più significato – Parlotto era al lavoro con altri cinque (uno spagnolo, un friulano, due abruzzesi e un conterraneo, Luigi Mazzeo, di Parabita). A un certo punto una parete cedette e il povero Mazzeo si ritrovò sepolto da una quantità di massi. I compagni si prodigarono per salvarlo. Riuscirono a liberargli il capo giusto in tempo perché il giovane sposo e padre di cinque figli mormorasse : “Poveri figli miei” prima di spirare a soli 32 anni (per la cronaca, grazie alla notorietà conquistata dal suo Museo, Parrotto poté recentemente riabbracciare dopo quasi quarant’anni i figli dello sfortunato amico). Collocato all’interno dell’ex caserma dei Carabinieri, il Museo del Minatore raccoglie articoli di giornale, foto d’epoca, strumenti di lavoro, pale, picconi, martelli ad aria compressa, candelotti (inerti) di dinamite, pontelli, lanterne, elmetti e persino un carrello per il trasporto del carbone. Particolare curioso, il locale dove il Museo trova spazio consiste in un largo corridoio interrato che per via della volta a botte alquanto fa ricordare i cunicoli delle gallerie minerarie. Ma il Museo non è stato l’unico omaggio a questa eroica categoria voluto da Lucio Parrotto, il quale tra l’altro aveva sposato una friulana figlia di un minatore. A Casarano sorge anche un monumento al minatore collocato non casualmente vicino all’ospedale affinché – diceva Parrotto – tutti gli ex minatori ammalati di silicosi possano vederlo dalla finestra. Non basta. Nel 2001 Parrotto riuscì pure  a realizzare un gemellaggio tra Casarano, Charleroi e il Comune abruzzese di Manoppello, il paese più colpito in Italia dalla tragedia di Marcinelle.  
Italo Interesse


Pubblicato il 13 Gennaio 2012

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