Cultura e Spettacoli

Povero Antonio, la sua morte si chiamò Laconia

Parlavamo ieri di un prezioso volume a firma di Vitoronzo Pastore edito il mese scorso da Suma Editore e il cui oggetto è una raccolta di documenti e testimonianze dei soldati italiani prigionieri degli Alleati e internati dai Tedeschi tra il 1940 e il 1945. Fra i tanti documenti, particolarmente doloroso ci è tornato l’atto relativo al Soldato Maurantonio Antonio, nato a Valenzano e classe 1920, il quale, già prigioniero degli Inglesi, scomparve in mare il 12/9/’42 “in seguito all’affondamento della nave Laconia”, come risulta dal Verbale di Irreperibilità steso dal Comando Distretto Militare di Bari. Il povero Maurantonio, catturato a Bardia il 4/1/’41, internato al Campo di prigionia 310 di Suez, venne imbarcato il 12/8/’42 sulla nave Laconia in partenza per l’Inghilterra. Le  ultime notizie a suo riguardo si possono leggere su una Cartolina per Prigionieri di guerra che, spedita a febbraio ’41, giunse  a Valenzano due mesi dopo : “Cara mamma ti faccio sapere che sono prigioniero e sto bene, dai notizie a tutti, spero da Dio che finisce tutto così ritorno fra voi. Baci”. Ma cosa accadde al Laconia? La tragedia viene riassunta  da Andrew David Quinzi. Mentre il transatlantico, che trasportava 1800 prigionieri di guerra italiani,  era al largo della costa africana, venne silurato dall’U-Boot 156. La nave si inabissò dopo un’ora e mezzo. Durante l’affondamento le guardie ricevettero l’ordine  di lasciare i 1800 italiani chiusi nelle stive. Una parte di questi con la forza della disperazione ebbe ragione di una cancellata ma vennero loro negati i posti sulle scialuppe a colpi di fucile e baionetta.  Neanche in acqua questi sventurati ebbero fortuna. Quando si aggrappavano alle scialuppe venivano loro recise dita e mani a colpi di accetta, mentre gli squali completavano la strage. L’emersione del sottomarino tedesco mise fino all’eccidio. Non potendo l’unità prestare aiuto a tutti i naufraghi, il comandante Hartenstein chiamò in soccorso altri sommergibili, tedeschi ed italiani. Durante l’attesa un cacciabombardiere USA, malgrado sul luogo del disastro galleggiasse una ben visibile bandiera di croce rossa di quattro metri quadrati, attaccò l’U-Boot, che dovette immergersi rendendo ancora più precaria la situazione dei naufraghi. Finalmente arrivarono in soccorso l’U-506, l’U-507  e il nostro ‘Cappellini’ che caricarono a bordo italiani e non. Quante furono le vittime di quella catastrofe? Fonti affidabili parlano di 1350 italiani su 1800. Chissà il povero Antonio. Affogò rinchiuso nelle stive, morì con le mani mozzate da un colpo d’accetta mentre tentava di salire a bordo di una lancia, venne trinciato da uno squalo?… Nel dicembre del 1960 gli venne riconosciuta la Croce al merito di guerra “in riconoscimento dei sacrifici sostenuti nell’adempimento del proprio dovere in guerra”.
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Pubblicato il 23 Luglio 2011

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