Cultura e Spettacoli

Prima il vino, poi il cane. Che beffa per Locaso

Detto ‘u Craparidd’, poiché fino a prima di darsi alla macchia viveva portando al pascolo le capre, Antonio Locaso fu uno dei luogotenenti del Sergente Romano, il più celebre capobanda di tutto il Mezzogiorno insieme a Crocco. La parabola rivoluzionaria di Locaso ebbe termine il 5 gennaio 1863, in contrada Vallata, nel territorio di Gioia. Lì, i Piemontesi avevano annientato la comitiva del Romano al termine di un furioso combattimento che era costato la vita a una ventina di insorti tra cui lo stesso valoroso Comandante. Tra i pochissimi a scampare alla morte e alla cattura ci fu anche ‘u Capraridd, che dopo la fuga si rifugiò in contrada Stemina in compagnia del sodale Marino Todisco. La latitanza di Locaso fu breve e le circostanze della cattura ebbero del tragicomico. L’aggettivo ci pare pertinente giacché quanto riportiamo comparve il 29 gennaio 1863 sulle colonne de ‘L’Indipendente’, il giornale diretto da Alessandro Dumas… “Pare che tramite un doppiogiochista giungessero ai due ricercati beni di conforto. In mezzo a pane, formaggio e salame c’era anche una bottiglia di vino narcotizzato (sul capo di Locaso pendeva una taglia di 4mila lire – n.d.r.). Bevuto il vino, i due caddero in uno stato di grande spossatezza. All’arrivo della cavalleria, il Todisco, che forse aveva bevuto meno, riuscì a rimettersi in sella e a fuggire. Il Locaso invece cadde da cavallo e dovette rifugiarsi in un cespuglio. Venne individuato a causa del latrare insistente di un cagnolino che si trovava nei pressi del nascondiglio…” Quanto al Todisco, il giorno dopo l’insorto riuscì a scansare un altro tentativo di cattura, questa volta ad opera della Guardia Nazionale, presso la masseria San Bartolomeo. Più in là, esausto di quella vita raminga, si costituì. Le sue rivelazioni lo salvarono dal plotone d’esecuzione (ma non dal bagno penale per trent’anni). Esse furono determinanti nell’individuazione dei covi altri ricercati ;  all’interno del covo di ‘u Capraridd  vennero rinvenuti “bardalie, briglie, utensili e molti commestibili, sette cavalli dei quali uno morto per le ferite” e una bandiera borbonica ricavata riciclando con strappi e rammendi una bandiera del neonato Regno d’Italia. Processato da un’improvvisata Corte Marziale presieduta dal capitano Pedrocchi, comandante di uno squadrone del 12° Reggimento Cavalleggeri Saluzzo, Antonio Locaso venne fucilato nel primo pomeriggio del 17 gennaio 1863 a Castellaneta, nei pressi del monumento al Calvario. Aveva ventidue anni. Come da antica e macabra consuetudine ‘dissuasiva’, le sue spoglie vennero ignominiosamente esposte in piazza Vittorio Emanuele per due giorni.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 22 Dicembre 2018

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