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Privatizzazione in porto per cambiare tutto senza mai mutare niente

 

La cosiddetta privatizzazione della Fiera del Levante è ormai cosa fatta ed il suo Presidente, convinto di aver portato a termine il mandato affidatogli, ha prima dichiarato che la sua missione scadeva improrogabilmente subito dopo la gara del 14 luglio, prorogando i termini di un paio di mesi, alla scadenza della Campionaria. Ma l’importante non è questo, quanto una operazione resa possibile grazie all’arrivo –nella ripetizione della partita e con regole cambiate- di una offerta da parte di tre Società emiliane e della Camera di Commercio di Bari. A ben vedere però, la privatizzazione di 90 mila mq del quartiere e di ogni attività della Fiera avviene in favore di una costituenda Società controllata da un altro Ente pubblico: la Camera di Commercio, appunto, che ne deterrebbe il 51% e che si è impegnata a versare –non si capisce perché se si esclude l’esistenza di potenziali altri soci al momento coperti- 1,8 dei 2 milioni dell’iniziale capitale sociale. Come abbiamo già scritto, ma come hanno messo nero su bianco anche alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle in una lunga denuncia presentata a Corte dei Conti e magistratura inquirente, la gestione dissennata degli ultimi anni dell’ente fieristico barese è solo una componente di un’operazione tutta da chiarire. Un’operazione con tanti lati in penombra soprattutto dal punto di vista finanziario, con le altre componenti della cordata vincitrice esclusa l’ente camerale di corso Cavour che si limiterebbero a versare appena 200 mila euro e a portare in dote idee e competenze nell’ambito delle esposizioni secondo quanto dichiarato, ma sempre e solo a parole, dal Presidente di Bologna-Fiere. La questione si fa ancora più singolare e a restare sempre più nell’ombra se si considera che la stessa Camera di Commercio è socio fondatore della Fiera del Levante ed in quanto tale pienamente consapevole e partecipe di tutte le vicende che hanno agitato negli ultimi due anni lo storico ente. In effetti, se si considerano, oltre l’anomalia della sottoscrizione del capitale sociale, anche altri elementi dell’offerta –dal canone simbolico accompagnato con una elevata partecipazione ad improbabili utili; dall’assunzione diretta di una quindicina di unità del personale e futuri investimenti da realizzare probabilmente con risorse pubbliche- più che ad una privatizzazione, sembra di assistere ad una dismissione di 90 mila mq del quartiere e di ogni attività istituzionale da parte della Fiera in favore di un suo socio: la Camera di Commercio. Il tutto col consenso della Regione e degli altri soci e nell’indifferenza di altre pubbliche istituzioni, partiti, sindacati e opinione pubblica. A sollecitare l’attenzione verso ciò che sta accadendo, come detto, ci ha pensato solo il Movimento 5 Stelle prima con una ‘lettera aperta’ della sua candidata alla Presidenza della Regione e con una interrogazione urgente al Sindaco di Bari. E, dopo l’audizione del Presidente della Fiera dinanzi alla Commissione Trasparenza comunale, è stato ancora il rappresentante grillino a porre interrogativi di un certo peso, riassunte nella decisa contestazione della risibile offerta di 100 mila euro all’anno. Per risposta il solito silenzio: solo la Fiera ha accennato un possibile rimedio e cioè la nomina del Presidente del Collegio dei Sindaci revisori della Concessionaria e la creazione di un gestore indipendente che si interfacci con quella. Una sorta di ‘blind trust’ in salsa barese per eliminare  il conflitto grande come un grattacielo di interessi in capo al Palazzo di Corso Cavour. E Comune, Città Metropolitana di Bari e Regione Puglia? Stretti in un imbarazzato, quanto significativo o peggio ancora complice silenzio. Ora bisognerebbe capire chi in passato ha gestito l’Ente Fiera ed ha permesso assunzioni sovradimensionate e incarichi strapagati: messe insieme, le due cose rischiano di confondere le acque e di non giungere ad alcun risultato. Eppure nell’esposto dei grillini ci finiscono le manifestazioni come la Luppolata, Bici in Puglia, XXVIII Esposizione Internazionale Canina e Wondercon, descritti come mezzi fallimenti. Anzi, come ‘iniziative estemporanee, prive di una qualsivoglia sottesa programmazione” da parte dell’attuale presidente. Manifestazioni con l’affitto nei padiglioni ‘a costo zero’, come accaduto qualche mese prima con il Nuovo Padiglione concesso alla F.C. Bari 1908 Srl con altre manifestazioni collaterali comportando anche in questo caso per l’esposizione un esborso in favore dell’Ente fieristico delle spese tecniche, ma anche di un importo pari al 10% da calcolare sull’utile derivante dai biglietti venduti. elle proprie attività istituzionali. Ben più importante, però, nell’esposto/denuncia del movimento di Beppe Grillo le luci dei riflettori attorno a un bando per la privatizzazione riscritto al secondo round, inserendo uno dei due elementi essenziali della inconfessata dismissione: l’allungamento della concessione da 30 a 60 anni e la possibilità di inerire appetibili variazioni urbanistiche. All’altro elemento essenziale, ovviamente, ci penserà la Camera di Commercio offrendo il canone simbolico di 1 euro all’anno per metro quadro. Ed ora tutti festeggiano ed esultano: missione compiuta, anche se in fondo la Fiera rimane con i suoi debiti e il personale non collocato, le Società emiliane potranno programmare le loro attività sapendo di avere uno spazio espositivo anche al Sud e la Camera di Commercio, insieme ad altri sconosciuti soggetti locali, potrà fregiarsi del “brand” Fiera per intercettare risorse economiche e finanziarie, candidarsi quale soggetto attuatore di progetti legati a bandi nazionali ed europei, gestire oltre la metà dei 90mila mq. di patrimonio immobiliare concesso, non dedicata alle rassegne fieristiche. Sì, missione compiuta alla luce del sole…

Antonio De Luigi

 


Pubblicato il 29 Luglio 2015

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