Cronaca

Proteste dal terzo settore: siamo lavoratori a pieno diritto

I diritti dei lavoratori del terzo settore, i cosiddetti ‘operatori sociali’, sono da anni schiacciati dagli interessi delle istituzioni da una parte, e dei privati dall’altra. Benché si tratti di una realtà molto articolata al suo interno (per quanto riguarda forme contrattuali e imprenditoriali), il denominatore comune tra i diversi contesti è l’ipocrisia che vela il mondo del no-profit. Mascherate dalla retorica della solidarietà sociale e da un quadro normativo accomodante, infatti, le contraddizioni insite nella gestione del welfare hanno portato a delle vere e proprie anomalie che sono ormai giunte a ledere la dignità lavorativa dei professionisti del terzo settore. “Ho trentasette anni e lavoro da dieci anni in una cooperativa – ha raccontato un educatore tra i tanti presenti ieri all’incontro con gli assessori comunali – Ho un contratto a tempo indeterminato, ottenuto per anzianità. In questa cooperativa l’arretrato medio dei salari è di una decina di mesi. La cosa che più mi spaventa è che questa situazione sia cronica e si accetti come tale.” Storie come queste sono diffusissime tra i lavoratori di categoria. Non potendo contare neanche sulla tutela sindacale, poiché molti consorzi e cooperative registrano sulla carta un numero troppo esiguo di impiegati, essi si sono organizzati in un coordinamento autonomo, al fine di esprimere con una sola voce bisogni e disagi condivisi. Per questa ragione, ieri mattina, il Comune di Bari ha ospitato un’ampia delegazione di lavoratori del terzo settore che, alla presenza di alcuni assessori competenti in materia, hanno esposto le ragioni del loro malcontento, mettendo chiaramente in luce anche le responsabilità del Comune. In particolare, Claudia, portavoce del coordinamento, ha posto l’accento su due argomenti: il ritardo del pagamento degli stipendi da tre a dodici mesi e le incongruità di contenuti rilevate nei bandi comunali. “Il problema – ha argomentato Claudia – è il debito del Comune nei confronti delle strutture. Manca il trasferimento delle risorse che consentirebbe l’accredito dei nostri stipendi. A volte, se si tratta di grosse cooperative, è possibile che queste ricorrano al prestito bancario; ma anche in questo caso ne risultiamo svantaggiati come categoria perché siamo noi a pagare il tasso d’interesse”. Lo squilibrio tra grandi e piccole realtà imprenditoriali (definizione che non stupisce perché, pur facendo riferimento al no profit, si parla ormai di imprese sociali), godendo del tacito assenso delle politiche istituzionali, si ripercuote esclusivamente sulla condizione dei lavoratori. Quando il Comune emana un bando di gara, infatti, i criteri di partecipazione privilegiano le grandi realtà; inoltre, favoriscono il massimo ribasso. Prevedendo un maggiore punteggio per le imprese che possono contare su risorse aggiuntive gratuite, ad esempio, legittimano le aziende a richiedere uno straordinario non retribuito da parte dei dipendenti. Un atteggiamento che, seppur derivato dal quadro normativo nazionale (che prevede il principio di solidarietà e il ribasso nella definizione del lavoro del terzo settore), appare sempre più speculativo a danno dei diritti. “Chiediamo, dunque, un monitoraggio costante e attento delle condizioni dei professionisti del terzo settore, soprattutto per quel che riguardo lo stato delle retribuzioni, – ha concluso Claudia – e un controllo più rigido delle modalità e dei criteri di pubblicazione dei bandi. Vogliamo, inoltre, che entro un mese si proceda alla verifica dei disavanzi del Comune rispetto alle nostre buste paga”. Colti alla sprovvista da tutte queste criticità, i funzionari del Comune hanno garantito piena collaborazione e disponibilità nelle risoluzione dei problemi di loro competenza, ribadendo, per altro, la grande sensibilità che il sindaco Michele Emiliano, insieme alla sua amministrazione, ha da subito riservato al terzo settore. Sindaco che, tuttavia, non si è presentato all’incontro. “Momenti di questo genere – ha dichiarato Giovanni Giannini, assessore comunale al bilancio – devono trasformarsi in occasioni di crescita. Il Comune di Bari ha subito un taglio alla spesa del 2011 pari a oltre quattordici milioni di euro. Il patto di stabilità, inoltre, ha imposto forti condizionamenti alla possibilità d’impiego dei fondi.” Sulle difficoltà in cui tergiversa la politica comunale a causa dei tagli voluti dalla precedente finanziaria hanno fatto eco anche le parole degli assessori al welfare, Ludovico Abbaticchio, e alle politiche giovanili, Fabio Losito.  Fatta questa premessa, e chiarita la sincera sensibilità dell’amministrazione per questi temi, Giannini ha spiegato che l’amministrazione prima di finanziare le cooperative appaltatrici deve procedere alla verifica della regolarità delle stesse. Nel caso in cui si riscontrino problemi è previsto il pignoramento dei fondi. “Non voglio con questo negare le responsabilità del Comune – ha concluso l’assessore – Vi chiediamo di collaborare e di segnalarci i casi di consorzi e cooperative che, con le carte in regola, non hanno percepito i dovuti pagamenti. Noi abbiamo lo stesso vostro interesse affinché questo settore sia senza zone d’ombra.” Sulla stessa scia è intervenuto anche l’assessore Ludovico Abbaticchio, riportando alcuni dati: “il Comune di Bari, attualmente, ha speso cinquantasei milioni e mezzo per le politiche sociali e diciotto milioni di euro solo per i servizi ai minori; nel 2010, prima che scoppiasse la guerra nel nord Africa, è stato votato dal Consiglio un debito fuori bilancio pari a un milione di euro, a favore del terzo settore; senza dimenticare le battaglie ingaggiate contro il Ministero degli Interni per l’ottenimento di fondi.” Risposte, tuttavia, troppo estemporanee per i lavoratori ormai esasperati dalle inveterate anomalie del proprio status economico e politico. Saranno, dunque, le scelte concrete dei prossimi mesi del Comune ad acquietare o fomentare la protesta.
 
Lucia De Crescenzio
 
 
 
 
 
 
 


Pubblicato il 14 Luglio 2011

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio