Province al capolinea con il ddl Delrio
La tanto decantata abolizione delle Provincie sembra ancora lontana da attuare, poiché per la loro eliminazione, come hanno rilevato molti autorevoli costituzionalisti, servirebbe una modifica alla norma costituzionale che le prevede, insieme a Stato, Regioni, Comuni e Città metropolitane, come organi di decentramento territoriale della repubblica italiana. Tuttavia, nelle more di una eventuale legge costituzionale di soppressione delle stesse, il ddl predisposto dal ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, se approvato, dovrebbe provocare uno svuotamento immediato di funzioni e potere per le Province che, lì dove non è prevista l’istituzione della Città metropolitana, diventerebbero a tutti gli effetti degli enti di secondo livello con costi di personale ridotti all’osso ed oneri politici azzerati, poiché a farne parte sarebbero i rappresentati dei Comuni di appartenenza, senza compensi aggiuntivi a quelli percepiti dal rispettivo Comune di provenienza. Infatti, secondo il ddl Delrio, le prime teste a cadere dovrebbero essere quelle dei segretari e direttori generali che attualmente sono in forza alle Amministrazioni provinciali. Entrambe queste figure dovrebbero essere soppresse entro e non oltre il 30 settembre del 2014. Per i rapporti lavorativi, le prime verrebbero facilmente ricollocate, sempre nell’ambito della loro qualifica, all’interno dell’organigramma ministeriale di riferimento, mentre le seconde, vale a dire i dg, trattandosi di rapporti di lavoro a termine, andrebbero a scadenza insieme alla figura istituzionale da cui dipendono, ossia i rispettivi presidenti di Provincia che li hanno nominati. Dopo la riforma Delrio, le Province perderebbero molte delle loro attuali funzioni, che verrebbero assegnate in gran parte ai Comuni, altre alle Regioni o alla Città metropolitano, dove questa è prevista il alternativa alla Provincia stessa. Però, nel passaggio del personale dalla Provincia alla Regione, o alla Città metropolitana, c’è il serio rischio che la spesa complessiva dei dipendenti, anziché diminuire, lieviti di parecchio, poiché il livello retributivo, a parità di mansioni, in molte regioni è superiore a quello attualmente corrisposto dalla Provincia. Infatti, solo per i dipendenti che fossero eventualmente spalmati nei Comuni il costo del personale resterebbe praticamente invariato. Inoltre, il numero delle Città metropolitane, inizialmente previsto per dieci grandi capoluoghi di regione, potrebbe essere anche elevato a 18 o 20, come accennato in altro nostro servizio pubblicato sabato della scorsa settimana, poiché una serie di emendamenti ai criteri stabiliti per individuare le aree d’interesse metropolitano potrebbero portare ad una loro indiscriminata proliferazione, al punto quasi di raddoppiarne la quantità. Da non dimenticare, poi, che le Città metropolitane, sempre secondo il ddl in via di approvazione, dovrebbero provvedere al riordino delle funzioni entro sei mesi dalla loro costituzione. “Però – rileva qualche addetto ai lavori – le Città metropolitane avrebbero ben poco da riorganizzare, poiché per esse, più che un cambiamento di assetto rispetto alle Province, si tratterebbe di un vero e proprio subentro, che lascerebbe di fatto inalterate determinate funzioni ad esse affidate, sicché gli assetti organizzativi alla fine non cambierebbero di molto rispetto alle odierne funzionali e dirigenziali presenti negli enti provinciali. Per cui, in definitiva, i timori rappresentati dalla Corte dei Conti sul paventato effettivo contenimento dei costi che si conseguirebbe con il riordino delle Province e l’istituzione delle Città metropolitane, sono tutt’altro che infondati. Infatti, l’unico modo per ottenere un risultato significativo nel contenimento dei costi dovrebbe essere quello di agire sulle spese per il personale. Quindi, l’unico strumento a disposizione per incidere concretamente sulla riduzione dei costi delle Province “svuotate” di funzioni e poteri dovrebbe essere la drastica contrazione economica dei costi del personale attualmente in forza alle vecchie Province. Pertanto, l’annunciata riforma Delrio potrebbe rivelarsi utile ad accompagnare al capolinea le odierne Province in attesa di una legge costituzionale che preveda la loro abolizione dall’Ordinamento costituzionale, ma non sarebbe altrettanto utile, né ai fini della cosiddetta “spending review” di contenimento dei costi burocratici degli enti che subentrerebbero alle vecchie e svuotate Provincie, né ai fini di una semplificazione della macchina burocratica locale, che si ritroverà appesantita da un’altra sovrastruttura in più, quali sono per l’appunto le Città metropolitane, di cui al momento appare alquanto difficile intravedere i reali vantaggi sia come cittadini, che come contribuenti.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 14 Dicembre 2013