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Puglia Energy, da quasi cinque anni ancora in liquidazione

Ma quanti anni ci vogliono per disfarsi di una ‘zavorra’ che viaggia sotto il nome di società partecipata comunale, sempre a spese del cittadino-contribuente barese? Possibile che dopo ben cinque anni e mezzo dall’approvazione della dismissione di questa società, essa sia viva e vegeta, tra bilanci in perdita e spese per consulenti e liquidatori? Andiamo per ordine e vediamo la storia di Puglia Energy SpA., dopo che perfino la Corte dei Conti ha rilevato i bilanci in perdita negli ultimi anni e i gravi ritardi nella dismissione. Nel Consiglio comunale del 7 gennaio 2012, come detto, fu finalmente approvata la proposta di dismettere le partecipazioni indirette in alcune aziende con perdite di bilancio o comunque inutili e costosi. Tra queste, appunto, c’era in prima fila Puglia Energy spa, la municipalizzata del gas nata dalla fusione di intenti tra i comuni di Bari e Roma (all’epoca guidati da Michele Emiliano e Valter Veltroni) e poi Trani, in ottemperanza ai commi 27 e 28 dell’articolo 3 della legge 244 del 2007, ossia la legge finanziaria. Legge che imponeva la dismissione da parte dei Comuni delle proprie quote di partecipazione nelle aziende municipalizzate, anche quelle che erano nate sotto i migliori auspici. E Puglia Energy era nata tra il 2006 ed il 2007 per suggellare il grande patto della distribuzione del gas tra i sindaci più bravi e rampanti dell’epoca, per mettere poi alla prova i loro migliori scudieri nei consigli d’amministrazione. Del pacchetto societario di Puglia Energy, il 35% era nelle mani di Amgas SpA – distribuzione. Amgas srl deteneva un altro 35% mentre il resto era controllato da Amet SpA, società partecipata dal comune di Trani. Scopo dell’astro nascente, almeno dieci anni fa? Distribuzione di energia elettrica nelle città, con un raggio a ampliare in pochissimi mesi, almeno secondo piani industriali strombazzati ai quattro venti sui soliti giornali compiacenti, senza sapere che dopo dieci anni ci saremmo ritrovati con spese da 25mila euro e una società che probabilmente non emetteva fattura per pagare i suoi amministratori, tuttora in piedi. Eggià perché qua s’incastonano altri lati, Puglia Energy conteneva un’altra società: Elgasud, creata con l’obiettivo di vendere energia elettrica e gas in Puglia e Basilicata, ma anche in altre regioni. Insomma, Puglia Energy controllava Elgasud SpA per il 51%. Il restante 49% era di proprietà di AceaElectrabel. Questa, a sua volta, emergeva dalla fusione di altre società come l’Acea di Roma e multinazionale belga Electrabel. Quindi, in un gioco all’infinito di società il comune di Bari controllava Amgas SpA ed Amgas srl. Tramite queste due società, sempre il Comune di Bari controllava indirettamente Puglia Energy e quest’ultima conteneva Elgasud. Facile prevedere che sarebbe finito tutto a carte e quarantotto e che dopo dieci anni e passa Puglia Energy sia ancora ad uno “stato cruciale” della sua dismissione, come ripetono i suoi liquidatori. Ah, saperlo, quando in pompa magna a villa Romanazzi Carducci, il 10 novembre 2006, partiva la grade società del gas creata da Veltroni ed Emiliano, entrambi in gran spolvero. Il problema è che Elgasud iniziò quasi subito a rotolare su una china discendente, accumulando debiti e passivi sempre maggiori in bilancio, a causa di spese e investimenti, ma soprattutto di clienti che bisognava cercare col lanternino, lasciando a bocca asciutta chi credeva col solito giochino delle scatole cinesi di creare società partecipate pubbliche, solo per distribuire incarichi e prebende. O più semplicemente incassare dividendi senza sopportare alcun rischio di impresa, a totale carico dei cittadini-contribuenti.

 

Francesco De Martino


Pubblicato il 1 Agosto 2017

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