Cultura e Spettacoli

Quando i trabaccoli attraccavano a Bari

Esiste una bellissima immagine di Bari dei primi del Novecento che ritrae velieri all’ancora sotto la Muraglia (all’epoca il mare batteva sotto le pietre di cinta della città, non esistendo ancora quella specie di ‘tangenziale adriatica’ oggi nota col nome di Lungomare Imperatore Augusto). Che navi erano quelle? Trabaccoli. Dai primi del Settecento all’ultimo dopoguerra, il trabaccolo (o  trabacco) è stato il modello di nave da carico tipico dell’Adriatico. Imbarcazione in legno di medie dimensioni ma di grande capacità di carico (i modelli più grandi arrivavano ad imbarcare 150 ‘vagoni’ di merce, ovvero 150 tonnellate), il trabaccolo alzava due alberi, ciascuno dei quali ‘armato’ con una vela ‘al terzo’, che consentiva col vento in poppa una navigazione ‘a farfalla’ particolarmente sicura. Per le sue caratteristiche tecniche mal si prestava all’alto mare, meglio riuscendo nel piccolo cabotaggio, ovvero il trasporto marittimo tra porti vicini navigando sottocosta. Elemento distintivo del trabaccolo era l’aspetto decorativo. Le vele erano giallo ocra o mattone, lo scafo si presentava intagliato con motivi floreali, zoomorfi o antropomorfi colorati vivacemente tra cui spiccavano – ciascuno per mascone – due grandi occhi apotropaici che, variamente colorati, erano il segno distintivo dell’armatore. Particolarmente versatile, durante la Grande Guerra questo tipo di imbarcazione fu destinato a scopi bellici. L’Italia militarizzò complessivamente 168 unità (gli Austro-Ungarici ne requisirono 98), destinate a servizi portuali, di dragaggio, di vigilanza foranea, di vigilanza delle ostruzioni e ad imbarcare truppe. Addirittura quattro trabaccoli della classe ‘Foca’ furono armati con un cannone navale da 152/40 mm., il che conferma indirettamente la robustezza del modello, caratteristica senza la quale l’imbarcazione non avrebbe sostenuto le pesanti sollecitazioni da rinculo dell’arma. Gli ultimi trabaccoli hanno navigato fino ai primi anni cinquanta. Poi, col ritorno all’attività dei cantieri navali, nuovi tipi di imbarcazione, motorizzata e in metallo, sostituì il trabaccolo. Ma verso la metà degli anni ottanta si è registrato un certo risveglio d’interesse degli studiosi verso il trabaccolo. Ciò ha portato a salvare dalla demolizione le pochissime unità sopravvissute e a restituire le stesse all’antico disegno quando snaturate (molti trabaccoli furono trasformati in yacht e navi scuola). Al presente si ha notizia di due trabaccoli ancora in vita : il ‘Giovanni Pascoli’ (1936), da tempo in sosta inattiva nella Sacchetta di Trieste e il ‘Marin Faliero (1899!) anch’esso in sosta inattiva nel porto di Monfalcone.
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Pubblicato il 12 Marzo 2011

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