Cultura e Spettacoli

Quando il Dio etico diventa estetico

“La possibilità per l’uomo di essere buono verso l’altro uomo, o piuttosto quella possibilità di leggere sul volto dell’altro uomo il richiamo alla bontà. Per me questa è la parola di Dio. Io trovo Dio nell’etica, non ho alcuna altra idea di Dio valida”. Con queste parole il filosofo Emmanuel Lévinas commentava l’atteggiamento umano dopo il disastro dell’olocausto, cercando di individuarne analiticamente cause e conseguenze. Ma prendendo in esame alcune forme d’arte, mi pare quasi che il Dio etico di Lévinas possa diventare anche Dio estetico. Mi riferisco ad opere che riescono a farci intravedere e percepire, attraverso un particolare sistema di segni che ricorda antiche iscrizioni tombali e graffiti paleocristiani, la sofferenza vissuta nei campi di concentramento. Linee che si amplificano creando mondi paralleli, macchiati di rosso e di nero, in cui si alternano desiderio di vita e incombenza di morte, piccoli cuori stilizzati, dipinti o in affresco incisi sulla pietra, ad attirare l’attenzione in primi piani. Simboli e codici numerici che sembrano stretti l’uno all’altro da quel sottile filo di speranza di salvezza e spinta alla vita, che l’istinto umano alla sopravvivenza porta sempre con sé anche nelle situazioni più disperate. E poi le farfalle, elemento chiave di una certa poetica, rappresentative di quelle macchie di colore e di meraviglia che qualche volta volando fortuitamente all’interno di macabre strutture, sono entrate a far parte di quei momenti così tristi e che i bambini del lager disegnavano sui muri. Stiamo parlando delle meravigliose opere di Giorgio Celiberti, in esposizione allo spazio Divitas a Bari, fino al sei dicembre, raccolte nella mostra “Il dovere della memoria”. Opere che rappresentano il cambiamento dell’artista avvenuto negli anni Sessanta, dopo aver visitato il lager di Terezin, vicino Praga, dove migliaia di bambini ebrei, prima di essere trucidati dai nazisti hanno lasciato testimonianze della loro tragedia in graffiti, disegni e brevi frasi di diario. L’esperienza ha segnato in maniera indelebile la futura produzione artistica del Maestro. Sulle orme dello zio Modotto, uno dei più importanti pittori udinesi degli anni Trenta, protagonista, assieme ai fratelli Basaldella, a Filipponi e a Candido Grassi, del rinnovamento in senso novecentista dell’arte friulana, Celiberti agli inizi degli anni Cinquanta si trasferì a Parigi, dove conobbe i maggiori rappresentanti della cultura figurativa d’oltralpe. Numerosi i suoi viaggi in giro per il mondo: Bruxelles, Stati Uniti, Messico, Londra, dove conobbe l’ espressionismo di Bacon e Sutherland. Tappe importanti di un percorso artistico ricco e articolato. “Sono onorato di ospitare la personale di un artista di tale livello, una persona oltretutto di un’affabilità e umiltà uniche. E credo debba essere un onore per tutta la città di Bari e per la nostra Regione, considerando le sue origini pugliesi. Nelle sue opere, affreschi, graffiti, sculture e anche gioielli, vi è l’impronta di una sapienza antica che ha saputo rinnovarsi nelle forme dell’arte contemporanea attuale, senza mai perdere stile e profondità di contenuti. Le mie preferite sono le incisioni su pietra” – dichiara con orgoglio Andrea Lanzolla, presidente dell’associazione culturale Divitas. Promotore da diversi anni di interessanti mostre a livello nazionale, e di gemellaggi artistici tra nord e sud grazie a cui molti artisti pugliesi hanno potuto farsi conoscere anche in contesti di grande spessore e respiro internazionale.Una visione e visuale del mondo che si amplifica e rinnova continuamente quella dell’arte di Celiberti, lasciando spazio a punti di vista multipli che, senza giudizio o preconcetti, fanno riflettere e nel contempo catturano emotivamente l’attenzione dello spettatore. Una mostra che meriterebbe sicuramente maggior spazio, finanziamenti, interesse e partecipazione da parte delle istituzioni, in vista di quel rinnovato spirito culturale di promozione e internazionalizzazione di cui dichiara di farsi portavoce la nostra Puglia.

 

Rossella Cea


Pubblicato il 17 Novembre 2021

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