Quasi una novella Pompei nella mostra al Margherita
A dare man forte alla svolta culturale che il presidente del Circolo della Vela, Dino Sibillano, ha impresso al suo sodalizio da quando ne ha assunto la guida, è giunto da Napoli il presidente della Fondazione Morra Greco, Maurizio, la cui collezione, sia pure in minima parte, è in passerella al Teatro Margherita nella mostra “Trailer Park”, per iniziativa dell’ing. Vito Labarile, consigliere incaricato per le arti visive del sindaco di Bari. Una mostra imperniata su talune “grandi firme” e talenti emergenti dell’arte contemporanea.Siamo impegnati – ha detto Vito Labarile – a sostenere un’arte che certifichi lo spirito del tempo,dando visibilità in particolare ad artisti del territorio, artisti pugliesi che si misurano sui nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, quali il mezzo digitale, il mondo tecnologico, la video-arte. Purtroppo i tagli stanno falcidiando i fondi destinati alla cultura. Di qui il coinvolgimento dei privati in combine con le istituzioni. La mostra al Margherita può considerarsi un’anteprima di questa collaborazione pubblico-privato. E’ una mostra che si gioca il futuro in questa spazialità architettonica che reca ancora le offese del tempo e dell’incuria; un futuro, dicevamo, che dovrebbe sfociare nell’auspicato museo, Il Bac, Bari arte contemporanea. Ha preso quindi la parola Maurizio Morra Greco il quale si è detto pienamente d’accordo con Vito Labarile nel puntare le “chances” sull’arte contemporanea avanzata, cioè su artisti che arrivano al traguardo prima degli altri: un’arte contemporanea emergente, fresca, viva con la quale dar luogo ad un Museo che nasca per i giovani e che esprima il meglio degli artisti strafamosi, sulla scia del Moma.Un Museo che ponga Bari al centro di questa ricerca d’avanguardia. E in tale alveo Napoli può dare una valida mano a questo mix interregionale che consenta di vedere un artista cinese con l’occhio del meridionale.Dalle parole si è passati poi ai fatti, quando dalla sottostante sede del Circolo della Vela, in compagnia del presidente Sibillano e della moglie Lia, il folto uditorio ha raggiunto nel piano superiore – per dirla alla Labarile – la grande spazialità architettonica del Teatro Margherita. Dove, con la guida di un cicerone d’eccezione, il direttore del Museo di Bolzano Luigi Fassi, è stato possibile visionare la mostra “Trailer Park”. E qui – bisogna riconoscere – il nostro accompagnatore c e l’ha messa tutta per far capire all’uditorio l’essenza di quelle “performances” che, di primo acchito, sembravano percorsi astrusi e cervellotici. E così, ad esempio, grazie alla sua intermediazione c’è stato chiaro l’intento della ceka Katerina Seda che nelle sue mega-fotografie ha voluto innescare meccanismi sociali insistendo con l’obiettivo sul privato: un espediente per portare fuori l’intimità delle massaie che assurgono in tal modo al ruolo di protagoniste. Accanto, quasi a volerle rubare la scena, c’è la napoletana Giulia Piscitelli che ci presenta una vecchia scala di legno con la longherina rotta e un gradino sconnesso, come se fosse una persona ferita dalla vita. Poco distante si fa ammirare la “Foresta pietrificata” di Jimmy Durham: uno scenario decisamente apocalittico nel quale l’artista colloca un comune ufficio – con stampante, scrivania, lampada e vasi con piante – tutto ricoperto da una coltre di pietre e cemento. E ancora – purtroppo, per motivi di spazio, non possiamo soffermarci su tutti i venti partecipanti – citiamo: Lorenzo Scotto di Luzio con una grande credenza piena di gingilli tremolanti, come in un terremoto; Simon Denny, che impacchetta la mascherina di un vecchio televisore; Giovanni Anselmo, che eleva un peana all’arte povera; Katy Wilker presenta invece una sdraio malconcia; Christian Andersson carica su una Mercedes un lampione della pubblica illuminazione, che viene lanciato in aria prima di finire in frantumi. Insomma, c’è molta carne a cuocere nella mega-fucina dell’arte contemporanea al “Margherita”. Alcune “performances”, ad onor del vero, vengono accolte dal pubblico con una certa dose di scetticismo. Ma ci sono anche coloro che non nascondono l’ammirazione per chi ha il coraggio di intraprendere inediti percorsi, senza fare il verso a stantii moduli del passato. In definitiva, meglio il nuovo. Anche se, talvolta, provoca qualche inevitabile scarica di elettrochoc. (m.v.c.)
Pubblicato il 18 Febbraio 2011