Quegli undici alle Fosse Ardeatine
Il 24 marzo di settantaquattro anni fa 335 italiani tra civili, militari, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni venivano trucidati alle Fosse Ardeatine dalle truppe tedesche di occupazione come rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, compiuto il 23 marzo da membri dei GAP romani, nel quale erano rimasti uccisi 33 soldati nazisti. Undici dei fucilati erano nati in Puglia. La maggior parte di questi sventurati aveva aderito al Partito d’Azione : l’Avvocato Ugo Baglivo (Alessano), l’impiegato Umberto Bucci (Lucera), l’ebanista Gaetano Lavecchia (Barletta), lo stuccatore Giuseppe Lotti (Andria) e il falegname Vincenzo Saccotelli (Andria). L’avvocato Teodato Albanese (Cerignola) faceva parte, invece, dell’Unione Democratica Nazionale. Due gli appartenenti al Fronte Militare Clandestino : il Maggiore del Regio Esercito Antonio Ayroldi (Ostuni), poi decorato con la medaglia d’argento al valor militare, e il Capitano della Regia Aeronautica Federico Carola (Lecce). Il Prof. Gioacchino Gesmundo (Terlizzi) era iscritto al Partito Comunista Italiano ; fu poi decorato con la medaglia d’oro al valor militare. Tra le vittime, anche un cantante lirico diventato partigiano combattente : Nicola Ugo Stame (Foggia), facente parte del Movimento Comunista d’Italia-Bandiera Rossa ; fu poi decorato con la medaglia d’argento al valor militare. Infine una sorpresa, un aderente al Movimento Cattolico Comunista, Don Pietro Pappagallo, un sacerdote nato a Terlizzi nel 1888. Giunto a Roma nel 1925, Don Pietro ricoprì diverse cariche ecclesiastiche. Durante l’occupazione tedesca collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, soldati sbandati, antifascisti ed Alleati in fuga. Tradito, fu consegnato ai tedeschi. E’ stato decorato alla memoria con la medaglia d’oro al merito civile. A Roma gli hanno intitolato una sezione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Una lapide lo ricorda sulla facciata della casa di via Urbano dove abitò. Il suo nome è stato inserito da Papa Giovanni Paolo II tra quelli dei Martiri della Chiesa del XX secolo. Si vuole che il personaggio di Don Pietro, il sacerdote protagonista di ‘Roma città aperta’, il celeberrimo film di Rossellini, sia ispirato a Don Pietro Pappagallo. In realtà il punto di riferimento per Rossellini fu altro religioso : Don Giuseppe Morosini. Quest’ultimo, nato a Ferentino nel 1913 e già cappellano militare in Croazia nel 1941, all’indomani dell’8 settembre era entrato nella Resistenza. Tradito da un delatore, venne incarcerato a Regina Coeli e sottoposto a pesanti sevizie. Ma non tradì alcuno. Condannato a morte, fu fucilato dieci giorni dopo la strage delle Fosse Ardeatine. Morì il 3 aprile ’44 a Forte Bravetta, alla periferia della capitale. All’ordine ‘fuoco!’, dieci dei dodici componenti del plotone, che era composto da militari italiani, spararono in aria. Rimasto ferito dai colpi degli altri due, l’eroico sacerdote venne finito con due colpi alla nuca dall’ufficiale fascista che comandava il plotone. A Don Morosini fu conferita la medaglia d’oro al valor militare. – Nell’immagine, il lavoro di recupero delle salme delle FosseArdeatine.
Italo Interesse
Pubblicato il 24 Marzo 2018