Cultura e Spettacoli

Quella Puglia rubata e ritrovata

Dal 1993 in alcuni ambienti del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma si allestisce una mostra avente per oggetto tutti i beni artistici che, rubati, vengono recuperati dalle forze dell’ordine. Si tratta di esposizioni ovviamente eterogenee ma particolarmente ricche che attirano un grosso pubblico. Pezzo forte dell’edizione  2011 sono un dipinto di Alessio Gemignani (‘Sposalizio della vergine’, olio su tela del sec. XVII), sette sculture di Fernando Botero, un calice da messa con immagini della Sacra Famiglia del 1928 trafugato da una chiesa di Vottignasco (CN) e un gruppo di diciassette reperti sottratti con ogni probabilità nel corso di scavi abusivi avvenuti nell’area del Sub Appennino dauno. Soffermiamoci su quest’ultimo frammento del gran tesoro archeologico di Puglia, del quale è ragionevole pensare che un quarto giaccia ancora sotto terra, un altro quarto sia esposto o conservato nei Musei e che la parte restante orni i salotti dei potenti (d’Italia e non). Si tratta di due crateri a campana assai ben decorati, una testa di Apollo miracolosamente intatta ed olle, coppe, lucerne. Beni che sono stati definiti di “valore inestimabile” dalla Sovrintendenza Archeologica delle Marche, l’autorità che venne contattata dal Comando di Polizia di Senigallia per la stima di rito. Il rinvenimento avvenne nel 2007 durante un controllo su strada ; i reperti viaggiavano nascosti in alcuni borsoni, confusi ad altro vasellame antico, ma solo per imitazione. Ecco un altro, nuovo e beffardo aspetto del commercio clandestino di beni artistici. Musei e chiese si attrezzano contro i predoni, i siti archeologici sono oggi monitorati dalle forze dell’ordine con una cura in passato impensabile, sicché c’è sempre meno da rubare. E quel poco che resta richiede alle associazioni criminali investimenti imponenti (tecnologia, basisti, tecnici, ‘operatori’, bocche da cucire…). Se il ‘pezzo’ si propone sul mercato clandestino a prezzi proibitivi, che compratori trova ?  Ecco allora la gran furbata : il falso, la contraffazione. E’ possibile scovare pittori compiacenti in grado di ‘clonare’ un autore che non sia stato un maestro ; una tela di Tiziano non si arrangia, ma quella di un allievo riconosciuto del Botticelli, sì. E quanto ad ‘invecchiare’ una tela, provvedono chimici senza lavoro o disposti ad arrotondare stipendi magri. Ancora più facile con i finti reperti archeologici. Si va a Grottaglie o altrove, si acquista (grezzo) vasellame su modello antico e si provvede alla decorazione, quindi all’invecchiamento artificiale. In alcuni casi si arriva a frangere la merce in maniera tale da poterla ricomporre con un non difficile lavoro di restauro. In questo caso, l’opera ‘d’arte’, fatta passare per una sottratta ad un Museo, acquista più valore. E il pollo abbocca, paga. In un qualche distorto modo, ben gli sta.
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Pubblicato il 1 Settembre 2011

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