“Quella transazione non convince: andiamo dai magistrati”. Martinelli: “Sono tranquillo”
Si alzano i toni dello scontro sul consorzio industriale di Bari, dopo la conferenza stampa di ieri dei consiglieri comunali Cinquestelle Mangano e Colella. Duro l’attacco del movimento penta stellato alla gestione del consorzio Asi; contenziosi chiusi a suon di migliaia di euro e interventi mai ultimati, che a questo punto minacciano di denunciare tutto a Procura della Repubblica e Corte dei Conti. Opaca e sospetta, sempre secondo i Cinquestellati e in bilico tra accordi non scritti e contratti dubbi, la gestione del consorzio che racchiude e controlla la zona industriale tra Bari e Modugno, di cui il comune del capoluogo è principale socio. I consiglieri baresi puntano il dito su un vecchio contenzioso degli anni Novanta sulla concessione di un suolo sul quale un’impresa barese avrebbe dovuto realizzare un opificio, mai costruito. Le opere minori furono però realizzate e una prima sentenza del 2014 aveva quantificato in 170 mila euro la somma dovuta dall’Asi all’azienda, che nel frattempo ha cambiato abito e proprietari, con la somma improvvisamente lievitata a 560 mila euro secondo un accordo con la nuova impresa e coperta dalla stessa Asi con i soldi ricavati dall’affidamento dell’area ad un altra azienda. Tutto per un milione e 200 mila euro, operazione secondo i consiglieri Francesco Colella e Sabino Mangano “poco chiara”, perché il contenzioso non era ancora risolto e poi perché all’impresa subentrante sarebbe stata concessa anche una rateizzazione modificando lo statuto dell’ente. Insomma, per i pentastellati che hanno presentato ben tre interrogazioni al sindaco, ma senza avere risposta, si prefigura uno spreco di denaro pubblico da sommare ai tanti interventi mai portati a temine come il centro di stoccaggio dei rifiuti o l’impianto di affinamento delle acque e la centrale di controllo della viabilità. E allora, cos’è accaduto da allarmare tanto i consiglieri grillini? Nell’ “esposto-denuncia” rigorosamente anonimo giunto nelle loro mani, si racconta di un contenzioso durato – come detto – una dozzina di anni “non per la complessità della materia o per la difficoltà di definire posizioni e comportamenti delle parti, ma unicamente per l’abilità di un avvocato che, fin dall’inizio, aveva compreso che l’unico modo per sostenere la posizione della sua assistita consistesse nel menarla per le lunghe. Proprio come aveva fatto in precedenza la stessa società che per ben dodici anni aveva preso in giro il Consorzio barese, assicurando più volte che ‘finalmente’ avrebbe realizzato un grande opificio nel suolo che lo stesso Consorzio le aveva ceduto” a “prezzo politico”. Nell’esposto-denuncia si chiariva che la guerra, durata tanti anni, s’è conclusa con il Consorzio ASI che, “senza motivazioni apparenti, senza una qualunque documentazione che provi che vi sia stata una reale ‘trattativa’ tra le parti, addirittura in esubero rispetto all’ultima richiesta avanzata dalla controparte in corso di giudizio e non accolta dal giudice, ha deciso di corrispondere alla ditta 565 mila euro. Ben 415 mila euro in più di quanto stabilito nella prima sentenza del 7 gennaio 2014 e che sarebbe stata sicuramente riconfermata alla fine del secondo giudizio”. E dire che normalmente negli accordi transattivi tra le parti, in seguito a contenziosi in tribunale, le parti in causa rinunciano a parte dei propri diritti, proprio per evitare –come si dice – l’alea del giudizio. E invece, come hanno ripetuto ieri in conferenza stampa Mangano e Colella, per giungere a quasi 600mila euro lo stesso Consorzio, oltre alla restituzione della somma versata, la sua rivalutazione e gli interessi legali – senza alcun timore – ha riconosciuto all’impresa barese oneri di urbanizzazione, lavori eseguiti e le imposte dalla stessa versate in quanto proprietaria dal 1990 al 2016 (cosa accadrebbe se questo principio valesse in materia di espropri?). Ovviamente tutto con interessi legali fin dal 1990 e tutto rivalutato. Dulcis in fundo, il Consorzio si è pure accollato tutte le spese per l’attuazione dell’atto di transazione” e tutte le spese legali per diverse decine di migliaia di euro. Ma il presidente del Consorzio ed ex vicesindaco Emanuele Martinelli rispedisce tutte le accuse ai mittenti, invitandoli prima di sparare nel mucchio a recarsi presso la sede nel cuore della Zona Industriale di Bari per comprendere come funziona la società. “Non abbiamo nulla da nascondere e prima di tutto bisogna dire che abbiamo risposto alle interrogazioni che ci ha girato il Comune di Bari, non una, ma due volte. Anzi, forse bisognerebbe precisare che oltre alla denuncia che era anonima, anche le interrogazioni che ci sono pervenute non erano firmate, tanto che il nostro direttore generale ha chiesto spiegazioni a Palazzo ci Città, trattandosi di materia che potrebbe interessare la magistratura”. Martinelli è un fiume in piena e non le manda a dire: “Guardi, l’accordo transattivo con l’impresa guidata dall’ex presidente di Confindustria che abbiamo stipulato non fa una piega, figurarsi: ogni euro che è stato versato è stato contabilizzato e discende da atti pubblici, facendo calcoli che hanno tenuto conto perfino dell’Imu versata dall’impresa. L’accordo è stato vantaggioso per il consorzio: avremmo dovuto continuare una causa per alti dieci anni, senza sapere come andava a finire? Siamo tranquilli e anzi inviterei chi ha ricevuto la denuncia a chiedersi come mai era anonima: è stato forse qualche ex dipendente o dirigente che covava rancori nei confronti dell’azienda? Bisogna prima rendersi conto come funziona il nostro consorzio, come si lavora e si produce e poi minacciare denunce dappertutto, senza motivo”.
Francesco De Martino
Pubblicato il 8 Aprile 2017