Cultura e Spettacoli

‘Quo Vadis’, l’arte di cogliere la città nelle sue trasformazioni

“La fotografia è una mannaia che coglie nell’eternità l’istante che l’ha abbagliata.” Diceva Henry Cartier Bresson. Ed è proprio in questo lampo improvviso sospeso tra il senso di abbandono e quello di frenesia che si respira nelle nostre periferie di oggi, prendendo Roma come modello simbolico e metaforico delle trasformazioni che le nostre città stanno attraversando, che il fotografo e ingegnere Giacomo Pepe ci racconta le contraddizioni del contingente, il senso dello spazio in divenire di una delle più belle città del mondo nella mostra “ Quo Vadis” in corso all’ex Palazzo delle poste a Bari e visitabile fino al 22 aprile. Trenta fotografie e dodici bozzetti in acquerello che rappresentano un invito alla riflessione sui temi del vivere e dell’abitare oggi.

Quali contesti esamina la sua particolare poetica?

“Queste foto sono state tutte realizzate a Roma con un semplice cellulare nell’ultimo anno e mezzo. La mia tendenza è quella di ritrarre quartieri più popolari e periferici. La caratteristica di Roma è che il quartiere popolare lo trovi anche a ridosso della parte monumentale. Per esempio il quartiere Monti ha come sfondo i Fori Imperiali o il Colosseo. C’è sempre, in un certo senso, un contatto con la parte artistica e storica della città. Per il fenomeno della centrificazione la parte più storica si è svuotata ed è dedicata soltanto ai turisti o ai passeggeri, anche se questo fenomeno non sarà mai del tutto raggiunto, perché anche in luoghi centrali come per esempio piazza Navona ci sono strade e stradine ancora molto vissute e abitate.”

Com’è cambiata Roma negli anni? Si dice si sia un po’ impoverita in quanto a partecipazione cittadina alla vita culturale del centro. È vero?

“In questi due anni in cui ho vissuto a Roma per forza di cose, per il periodo alterno del lockdown, si era un po’ svuotata, ora vedo una ripresa del turismo più controllata, senza masse caotiche, cosa che la rende più vivibile, ma l’aspetto più bello di Roma che mi affascina è che c’è sempre tanta offerta culturale, tra bellezze da scoprire, mostre e tanto altro.”

Quindi Roma è ancora capace di mantenere il suo primato di centro culturale?

“Più ci vivi più scopri cose nuove, come per esempio il cimitero Cattolico raffigurato in uno dei miei bozzetti di viaggio, dove ci sono tombe di famosi artisti. In questi miei acquerelli mi piaceva l’idea di riportare una sorta di diario di viaggio, una specie di guida verso aspetti meno banali e meno conosciuti ma di un certo interesse per chi voglia approfondire. Per esempio il quartiere del Pigneto, famoso perché ci sono state girate tutte le scene del film ‘Accattone’ di Pasolini, e anche i bellissimi murales che lo caratterizzano come quartiere, che sono dedicati per esempio alla protagonista de ‘Il Vangelo secondo Matteo’ o l’inizio di una famosa intervista fatta a Pasolini negli anni ‘70 che trattava di politica.”

Il cittadino lo vede consapevole di tutta questa estrema ricchezza artistica?

“Posso dire quasi con certezza che Roma la conoscono meglio i visitatori o gli appassionati come me, piuttosto che i cittadini stessi.”

Nelle sue foto il cittadino sembra quasi isolato dal contesto, quali dinamiche sottendono a questo processo?  

“Sono spesso attratto dai cromatismi dei luoghi, dall’architettura e dalla composizione della fotografia. Credo che negli anni il mio concetto di street photography si sia un po’ modificato. Prima ero molto più concentrato sulla figura umana. Tendevo ad avvicinarmi molto di più al soggetto, alle sue espressioni e atteggiamenti, ora invece cerco di  rispettare un po’ di più la privacy, prendo in esame la città e il suo vissuto provando a dare allo spettatore più livelli di interpretazione.” Ospite della serata inaugurale della mostra Paolo Perfido, docente di rilievo dell’Architettura del Politecnico di Bari: ”L’occhio dell’artista, cioè di colui che riesce a cogliere dei momenti di passaggio e a trasmetterli allo spettatore in  Giacomo Pepe si esplicita ai massimi livelli. Egli ci mostra la città, pur mantenendo alcuni elementi di riconoscibilità rispetto alla nostra immagine mentale prestabilita, cogliendo quei passaggi che poi la trasformano lentamente ma inesorabilmente in un qualcos’altro.”

Rossella Cea


Pubblicato il 12 Aprile 2022

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