Cultura e Spettacoli

Rami, foglie, radici

Il Centro Ricerche per la Fotografia Contemporanea diretto da Giuseppe Pavone è giunto alla sua ottava pubblicazione. Un risultato di cui andare orgogliosi, considerando che il primo volume (‘Periferie. Sguardi sul nostro paesaggio’) risale al 2006. Questo costante prediligere scenari locali a basso profilo segnala coerenza, chiarezza di pensiero. Doti che, già merce rara nell’era globale, sono tanto più da apprezzarsi perché qui Pavone e compagni studiano come non ripetersi. Obiettivo che centrano in ragione di una spinta motivazionale fuori dal comune. ‘Rami, foglie, radici’, book fotografico curato da Enzo Velati che ospita quattordici autori, omaggia una natura ‘minore’ e di respiro urbano/periferico. Un libro dove radici, foglie e rami non squillano. In altre parole, la ‘nostra’ natura qui rinuncia a sfolgorare, a tirare fuori l’esuberanza quasi pacchiana che ben conosciamo. Non sgomita per accaparrarsi tutto l’obiettivo. Di contro, per raccontare meglio questa subalternità non ricorre a tinte crepuscolari. L’esempio più limpido viene da ‘Erbario metropolitano’, sezione che reca la firma dello stesso Pavone : dodici fotogrammi ritraggono steli d’erba e fiori spuntati in mezzo all’asfalto e al cemento. L’effetto è originale giacché palazzi, muri e strade vengono osservati dalla stessa prospettiva di foglie e steli. Degni di nota anche i sette scatti di Beppe Gernone, tutti dedicati al contributo della natura alla scultura lignea. Su tutti emerge quello che ritrae una testa (angelica?) adagiata su un letto di melegrane. L’uso del b/n, i segni dell’abbandono e uno squarcio potente in viso, aperto nel legno da un possibile colpo di accetta, imprimono all’espressione un pathos che non si dimentica. Interessanti fotogrammi di Franco Altobelli, Angela Cioce, Nicola De Napoli e Michele Roberto completano la prima parte del libro. Non meno preziosa la seconda parte, dedicata agli autori inseriti nel Laboratorio Fotografico di Pavone :  Vito Bellino, Luca De Napoli, Angelica Difronzo, Andjelija Kordic, Mimmo Maiorano, Vito Marzano, Donato Minuto e Antonio Pavone. Si spazia fra rovine vegetali (Kordic), suggestioni liquide (Maiorano), oltraggi arborei (Difronzo) e segni dell’epos agricolo (Marzano).  Due parole su quest’ultimo autore. I sedici scatti hanno il pregio di raccontare senza enfasi i fasti della perduta civiltà contadina. Marzano disdegna masserie, trulli, lamie e fabbricati rustici a vantaggio di costruzioni senza la minima pretesa architettonica, poveri rifugi in tufo messi in piedi alla meglio e avvolti da sterpaglie, sperduti in mezzo a campagne in abbandono. Al loro cospetto, quasi sull’attenti, rigida e silenziosa, una giovane figura femminile suggerisce un sentimento di rispetto e gratitudine.

Italo Interesse 

 


Pubblicato il 3 Luglio 2014

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