Ramoscelli d’ulivo e cenere benedetta
Domani, all’uscita dalle chiese, sarà difficile vedere qualcuno senza una palma o un ramoscello d’ulivo. Per noi pugliesi è quest’ultimo il simbolo per eccellenza della Pasqua, data la ‘confidenza’ millenaria che abbiamo con l’olivo. Per chi ci crede, l’aspersione con acqua santa conferisce un potere particolare a questi ramoscelli. Attaccati alla porta di casa o alla spalliera del letto, si ritiene che essi tengano lontani gli influssi del Maligno. Il fedele più rigoroso, però, deve essere anche malpensante, essendo frequente che la ‘merce’ in vendita sulle bancarelle e spacciata per benedetta tale non sia ; a smerciarla sono cialtroni che, non paghi d’aver prima malamente e abusivamente spogliato ulivi, scansano pure la carità di un’offerta al sacerdote (vendendo a un euro al pezzo si fanno bei soldini a queste condizioni, anche alla faccia del fisco). Che i ramoscelli d’ulivo siano benedetti ha la sua importanza considerando il rapporto che esiste tra la Domenica delle Palme e il mercoledì successivo alla prima domenica quaresimale. In questo mercoledì, che quest’anno è caduto il 13 aprile, il celebrante sparge un pizzico di cenere benedetta sul capo o sulla fronte dei fedeli a memoria della caducità della vita terrena e a sprone dell’impegno penitenziale in vista della Pasqua ; per questo il rito dell’imposizione delle ceneri prevede anche la pronuncia di una formula di ammonimento scelta fra la tradizionale “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai” o la più recente “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15), introdotta dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II con riferimento all’inizio della predicazione di Gesù. Ebbene, quella cenere viene dalla bruciatura dei ramoscelli d’ulivo benedetti distribuiti nella Pasqua dell’anno prima. In passato, quando il sentimento religioso escludeva meschinità come quella rivelata in apertura, qualche giorno prima del Mercoledì delle Ceneri i fedeli si recavano in chiesa e depositavano sull’altare i ramoscelli essiccati dell’anno prima. In privato, poi, il prete procedeva a bruciali e a conservarne la cenere. Per stare tranquilli, oggi, i sacerdoti scrupolosi devono assicurarsi ramoscelli verdi che benedicono e poi lasciano essiccare in canonica. Un tempo non tutta quella cenere benedetta veniva destinata al capo o alla fronte dei fedeli. Nei giorni della civiltà contadina la cenere benedetta veniva sparsa anche nei campi ; il rituale (nel quale non è difficile cogliere qualche eco pagana) aveva la funzione di propiziare il miglior raccolto. Necessitando l’usanza di grandi quantità di cenere, per ragioni pratiche il sacerdote si recava in campagna e, dietro indicazione del contadino o del massaro, benediceva un olivo. Da quell’ulivo, e solo da quello, si sarebbe ricavata la legna da ridurre in cenere. Al prete, per il ‘disturno’, due damigiane d’olio buono : una per la lampada votiva che ancora oggi deve ardere accanto al tabernacolo quando esso custodisce il Santissimo… l’altra per la buona tavola del ministro di Dio!
Italo Interesse
Pubblicato il 23 Marzo 2013