Cultura e Spettacoli

Raskolnikov, principe dei balordi

‘Delitto e castigo’ presenta la particolarità di produrre nel lettore l’effetto della sabbie mobili : Una volta che ci sei dentro non ne esci più. E’ una trappola perfetta. Per quanto il nome dell’assassino sia noto sin dal principio, l’assetto narrativo ha cadenze da giallo. Alla fine l’ammissione di colpa di Raskolnikov pur attesa, quasi invocata, riesce a sorprendere. Difficile traslare tutto questo in palcoscenico. Ma Sergio Rubini, con l’aiuto di Carla Cavalluzzi, vi riesce ricorrendo a una formula mista : Un narratore (Sergio Rubini) che all’occorrenza veste anche i panni di alcuni personaggi, due attori in ruolo multiplo e un solo protagonista, Raskolnikov (Luigi Lo Cascio), interagiscono in uno scenario scarno e cupo che si affida a pochissime cose per evocare l’ambientazione piccolo borghese in cui la tragedia si svolge. Sul fondo della scena un rumorista a vista dà enfasi ai momenti topici, ora con suoni tradizionali, ora col ricorso all’elettronica. Tagli opportuni, raccordi felici e trovate coerenti con lo spirito del romanzo consentono a Rubini e compagni di afferrare lo spettatore e serrarlo in una morsa sino al termine, proprio come fa Dostoevskji col lettore dalla prima all’ultima pagina. Lo Cascio è un Raskolnikov convincente per fisicità e tensione emotiva, mentre il più versatile Rubini s’immerge senza sforzo anche nei personaggi femminili (a parti invertite, questo ‘Delitto / Castigo’ non avrebbe funzionato altrettanto bene). Degni di nota anche i contributi dei bravi Francesco Bonomo e Francesca Pasquini. Nell’insieme, un allestimento vincente e il cui punto di forza è questa capacità di far tracimare in platea l’ossessione di Raskolnikov. C’è un che di contagioso in questo sentimento buio e intollerabile che vive il colpevole, un sentimento tossico come quelle maree di greggio che si riversano in mare da petroliere naufragate. L’ultima battuta (‘Sì, sono stato io’) risuona secca come un colpo d’accetta, la stessa arma impiegata per assassinare Alena Ivànovna, la sgradevole usuraia, e l’innocente sua sorella Lizaveta. Un suono secco che scende con un senso di sollievo e mette fine a quel contagio. Per l’improduttività del duplice delitto, per la pochezza delle motivazioni che sono alla base del gesto e per l’incapacità di gestire il senso di colpa, il personaggio di Raskolnikov anticipa di un secolo e mezzo il modello del killer giovane e balordo che tanto spesso oggi ricorre in cronaca nera. Il lavoro di Rubini rende giustizia a questa impensata modernità. Decisamente buona l’accoglienza del pubblico che ha affollato il Petruzzelli tra martedì e mercoledì scorsi. – Nell’immagine, Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 21 Aprile 2018

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