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Referendum, Emiliano si schiera a favore dei “Sì”

Manca poco più di un mese al voto per il referendum e ancora tutto tace: né palinsesti televisivi né giornali hanno riservato spazio all’approfondimento dei quesiti referendari, mentre i cittadini, chiamati a votare il 12 e 13 giugno, appaiono ancora disorientati. Eppure, nonostante il silenzio delle istituzioni, l’iniziativa popolare è di portata storica: a promuovere il referendum, infatti, non sono stati i partiti politici come da tradizione bensì i comitati cittadini, a seguito della raccolta di oltre un milione e quattrocentomila firme. Alcuni partiti, dal canto loro, hanno scelto di sostenerli pubblicamente, contribuendo alla divulgazione dei temi sottoposti a giudizio popolare. La stessa solidarietà è stata offerta anche dal sindaco di Bari Michele Emiliano, il quale, in veste istituzionale, ha dichiarato, davanti a giornalisti e rappresentanti dei comitati, la piena collaborazione del Comune alla campagna referendaria, esprimendosi a favore delle quattro modifiche legislative. Da ieri, infatti, la facciata del Palazzo di Città è stata fregiata con un lungo striscione su cui compare la scritta ‘Acqua bene comune’,  che, tra le altre cose, serve anche da post-it per i cittadini affinché vadano a votare. Com’è noto, infatti, è fondamentale che si raggiunga il quorum (ovvero che si superi almeno di un’unità la maggioranza degli aventi diritto al voto) perché la volontà espressa dal popolo, tutelata dall’articolo 1 della Costituzione italiana, abbia rilevanza giuridica. L’ostruzionismo del governo nazionale sulla diffusione di questi temi testimonia una manovra politica ben precisa che tende ad arginare l’affluenza alle urne: trecentocinquanta milioni di euro è la cifra stimata per non far coincidere la data del referendum con quella delle elezioni amministrative. “ Tutti i governi che non incentivano l’interlocuzione tra istituzioni e cittadini non realizzano la sovranità popolare. – Ha dichiarato Margherita Cerbo, rappresentante del  comitato regionale referendario due sì per l’acqua pubblica –  Siamo di fronte a una vera e propria ‘emergenza democratica’, per questo abbiamo chiesto ai sindaci di schierarsi al nostro fianco”. Su cosa si andrà a votare, dunque, il 12 e 13 giugno? Il primo quesito riguarda l’abrogazione della legge sul legittimo impedimento (approvata nell’aprile 2010), il secondo è sulla costruzione di centrali nucleari in Italia (come disposto da una legge del 2008) e, infine, gli ultimi due richiamano l’attenzione dei cittadini sul processo di privatizzazione dell’acqua. “Vogliamo, in primo luogo, abrogare l’obbligo che gli acquedotti siano prevalentemente sotto il controllo di società per azioni  – ha proseguito Margherita Cerbo – e, in secondo luogo, che sia eliminato il profitto dalla gestione dell’acqua”. Alla privatizzazione dell’acqua, infatti, non solo consegue un aumento dei costi (in quanto la tariffa è gravata dagli utili delle aziende) ma anche un’inaccettabile trasformazione concettuale. Se l’acqua non fosse più pensata come un diritto ma come un servizio erogato da società con scopo di lucro non sarebbe più garantita la fornitura minima a ciascun uomo e, allo stesso tempo, si darebbe un tacito assenso alla cultura dello spreco. Secondo questa logica al maggior consumo di acqua equivale un più ricco guadagno. L’articolo 23 bis del decreto legge sulle ‘disposizioni urgenti per lo sviluppo economico’, infatti, impone una privatizzazione del bene a tempo determinato. Ciò significa che la società appaltata per la gestione ha interesse a ottenere nel minor tempo possibile il profitto, seppure il bene in questione sia un diritto umano. A tal proposito, i comitati a tutela dell’acqua pubblica e la Regione Puglia si sono impegnati a elaborare un disegno di legge regionale, che va sotto il nome di ‘ripubblicizzazione dell’acqua’, nel tentativo di regolamentare il fenomeno. Questo, tuttavia, avendo subito numerosi emendamenti, risulta ad oggi inefficace a intervenire coerentemente nella questione. Il sindaco Michele Emiliano, pertanto, si è proposto per trovare un nuovo accordo con la giunta di Vendola che miri a ripristinare alcuni punti del testo di legge originario: assicurare l’erogazione del minimo vitale di acqua a ciascun individuo e disporre il pagamento delle eccedenze in modo proporzionale al reddito. Per quanto riguarda il nucleare, invece, i comitati del WWF e di Legambiente, accanto ai pericoli connaturati all’installazione di centrali in Italia, messi in risalto dalla recente tragedia giapponese, hanno sottolineato la totale assenza di una pianificazione energetica nazionale. Quale sia il reale bisogno dell’Italia in termini di watt è cosa ancora discutibile. Secondo i dati forniti da Terna, azienda specializzata nel settore, l’Italia attualmente produce circa centoquarantamila megawatt di energia, mentre i picchi di consumo registrati lo scorso anno non hanno superato i cinquantamila. Stando a queste statistiche il nucleare, oltre che costoso ed inquinante, sarebbe inutile. In Europa, inoltre, si sta verificando un progressivo ridimensionamento del ricorso all’atomo che, solo nel 2009, è sceso del 4%. Libertà è uguaglianza hanno trovato un’ulteriore declinazione nell’intervento di Jonathan Nardella, delegato del movimento del Popolo viola, che ha commentato il quesito referendario sul legittimo impedimento limitandosi a ricordare l’articolo 3 della Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Mossi dall’urgenza dei temi trattati, i comitati, con l’appoggio di partiti politici e Comuni che – ci si augura- aderiscano numerosi sull’esempio del capoluogo barese, si preparano agli ultimi colpi di una battaglia sempre più serrata a favore dell’informazione e della tutela della sovranità popolare.
Lucia De Crescenzio
 
 
 
 


Pubblicato il 6 Maggio 2011

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