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Regionali, l’unico a vincere potrebbe essere il partito del non voto

L’astensionismo potrebbe diventare il maggior partito in assoluto anche alle regionali pugliesi di domenica prossima. Infatti, a meno di quarantotto ore dall’apertura dei seggi le voci che circolano tra alcuni addetti ai lavori sono che, questa volta, coloro che diserteranno le urne potrebbero essere molti di più di quelli che si recheranno a votare. Una situazione simile, come è noto, si è già verificata a novembre dello scorso anno, alle regionali della Calabria ed a quelle dell’Emilia Romagna, dove la percentuale dei partecipanti al voto scese di molto al di sotto del 50%. Infatti, come si ricorderà, alle regionali calabresi i votanti furono appena il 44% degli aventi diritto, mentre in Emilia Romagna la percentuale dei votanti fu ancora più bassa, essendosi attestata a meno del 38%. Se domani, per le regionali pugliesi, accade un fenomeno analogo, sarà la prima vota in Puglia che in una competizione elettorale importante, qual è quella di rinnovo del consiglio ed elezione del presidente, più della metà degli elettori potrebbe non recarsi al seggio ad esprimere il proprio consenso a favore di uno dei candidati presidenti in corsa, per succedere al governatore uscente Nichi Vendola, oltre che per uno dei candidati consiglieri presenti nelle 19 liste che compaiono sulla scheda elettorale di questa tornata delle regionali. Fare pronostici sarebbe azzardato, ma la sensazione di molti candidati, ed anche di tanti semplici addetti ai lavori che stanno collaborando con loro, è che i comuni cittadini non hanno ormai più fiducia nella politica e, soprattutto, in coloro che la gestiscono, poiché in molti prevale sempre di più lo sconforto e l’apatia verso la classe politica italiana a tutti i livelli. Infatti, la sfiducia crescente verso un sistema politico divenuto sempre più autoreferenziale e l’incapacità ad affrontare e risolvere le problematiche che più toccano i cittadini da parte degli eletti nei diversi consessi istituzionali hanno generato un profondo distacco tra la politica e la gente comune, che in passato vedeva nell’appuntamento elettorale uno dei momenti fondamentali per stimolare la soluzione di problematiche collettive, ma talvolta anche soggettive, indirizzando il proprio consenso su partiti e candidati ritenuti affidabili più di altri. Ora, invece, in molti elettori c’è una sorta di massificazione in negativo sulle forze politiche e sui politici in genere, al punto da far sorgere il sospetto che gran parte di coloro che decide di recarsi a votare lo fa non certo perché attratta da idee o programmi che, in verità, non esistono o sono molto evanescenti, ma perché animata esclusivamente da ragioni di mero tornaconto individuale. E ciò perché la classe politica, a prescindere dal colore, ha dato spesso pessima prova di se stessa. Sta di fatto che qualunque siano le cause della forte disaffezione al voto che potrebbe verificarsi domenica prossima in Puglia, alla fine, se la percentuale dei votanti dovesse scendere al di sotto della soglia del 50%, a decidere effettivamente il vincitore di queste elezioni regionali potrebbe essere davvero una percentuale di pugliesi assai ridotta rispetto alla platea degli aventi diritto. E in un sistema elettorale come quello delle regionali pugliesi, nel quale non è previsto il ballottaggio, perché a turno unico nel quale vince il candidato presidente più suffragato, sarebbe sicuramente paradossale se a governare la Regione fosse un presidente eletto con il consenso di meno di un quarto od un quinto degli aventi diritto. Pero, la regola elettorale che l’Assemblea pugliese si è data (ed è stata confermata anche di recente) funziona così. Per cui, anche nel caso prevalga l’astensionismo, il prossimo presidente della Regione, benché possa essere espressione di un’esigua parte del corpo elettorale pugliese, sarà comunque legittimato a ricoprire l’incarico, come lo sono i governatori della Calabria e dell’Emilia Romagna eletti lo scorso novembre. Con questo sistema elettorale, però, non significa affatto che siccome funziona comunque “la regola” pure in presenza di un alto tasso di astensionismo, allora funziona anche bene “la democrazia”, perché un sistema elettorale maggioritario con alte soglie di sbarramento per la presenza in consiglio e privo di soglie per vincere, oltre che del ballottaggio, quando scarseggia di partecipanti al voto, diventa sicuramente un sistema “ultra maggioritario” i cui tassi di democraticità e legittimità costituzionale sono alquanto sospetti. Ma questo sarebbe un altro discorso. Quindi, per ora c’è solo da auspicare che la percentuale di pugliesi che domenica prossima si recherà alle urne non sia così esigua, da rendere l’elezione del futuro governatore una “farsa” ancor più conclamata di quanto non lo sia stata già quella che ha preceduto l’intera tornata. A cominciare dall’approvazione, lo scorso fine febbraio nel consiglio regionale in scadenza, delle norme elettorali con cui domani si va al voto.    

 

Giuseppe Palella            


Pubblicato il 30 Maggio 2015

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