Regione, ancora niente “numeri” per la maggioranza
Saltata anche la convocazione per seduta di oggi e nelle fila di "Italia Viva" quattro rappresentati abbandonano Renzi in dissenso con la sua adesione al "campo largo"
Niente numeri per la seduta di Consiglio regionale che la Presidente dell’Assemblea, Loredana Capone, voleva convocare giù martedì 3 settembre che poi rinviato a martedì 10 settembre, vale a dire ad oggi, perché non era riuscita ad aver certezza da parte della maggioranza sulla partecipazione. Però anche questa volta alla presidente Capone la conta è andata male, perché nella maggioranza di centrosinistra che sostiene il governatore Michele Emiliano ci sono tanti mal di pancia che anche per una eventuale seduta consigliare di oggi non ci sarebbe stata alcuna certezza che i provvedimenti all’odg sarebbero stati votati da parte dei rappresentanti del centrosinistra, né che questi ultimi avrebbero assicurato il numero legale in aula, né tanto meno i voti di salvataggio del M5S, per il momento, avrebbero potuto non essere scontati a favore della maggioranza, considerato che 4 esponenti dei “5 Stelle” dallo scorso mese di aprile sono passati formalmente all’opposizione. “A poco più di un anno dalle prossime regionali – hanno dichiarato con una nota il capogruppo di Fdi, Renato Perrini, e i consiglieri Luigi Caroli, Giannicola De Leonardis, Antonio Gabellone, Tommaso Scatigna e Tonia Spina. – è evidente che i giochi di potere e la ricerca di incarichi e nomine stanno condizionando tutta l’attività legislativa del Consiglio che non è riuscito neppure ad approvare i quesiti referendari, facendo fare, al presidente Michele Emiliano e alla Capone, una figuraccia nei confronti delle altre quattro Regioni di centrosinistra (ndr – Campania, Emilia-Romagna, Sardegna e Toscana) che già a luglio avevano approvato tutto e sono in attesa della Puglia”, per poter raggiungere – come è noto – il numero minimo di 5 Regioni, necessario a poter chiedere alla Consulta il referendum abrogativo della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, approvata dal Parlamento in via definitiva – come si ricorderà – lo scorso giugno. “Questa è la situazione politico-amministrativa vera del centrosinistra – hanno commentato inoltre i sei consiglieri regionali pugliesi del partito di Giorgia Meloni – non quella che viene raccontata sui palchi delle feste di partito”. “Una maggioranza alla quale poco importa – secondo i rappresentanti di Fdi – che gli agricoltori pugliesi sono in ginocchio per l’emergenza siccità, i mitilicoltori tarantini per la moria delle cozze, per non parlare della situazione negli ospedali pugliesi”. Una nota di denuncia della situazione in cui versa il Consiglio regionale pugliese è giunta anche dal gruppo dei cinque consiglieri del Gruppo di Forza Italia (Paride Mazzotta, Napoleone Cera, Paolo Dell’Erba, Massimiliano Di Cuia e Giuseppe Tupputi, che hanno affermato: “Sedute che si concludono con un nulla di fatto per mancanza di numero legale, appetiti di poltrone e incarichi che impediscono anche solo di convocare il Consiglio regionale, dissidi interni che bloccano ogni attività dell’istituzione” è ciò che i rappresentanti berlusconiani pugliesi sta accadendo nella nostra Regione, a firma del centrosinistra. “Uno stallo che – per Forza Italia – conclude una pagina di inefficienze, di ritardi e di sedute del Consiglio regionale improduttive perché i mal di pancia interni determinano la caduta del numero legale che tradotto, per i cinque forzisti pugliesi, “è una maggioranza che non ha realizzato alcun significativo risultato per i cittadini, dedicandosi invece alla moltiplicazione di incarichi”, che comunque “non sono sufficienti a soddisfare tutti gli appetiti di un centrosinistra unito da quest’unico collante e non certo da una visione di Regione”. Ma in Puglia i problemi non sono solo quelli presenti nel centrosinistra che sostiene il presidente Emiliano, ma anche altri che invece fanno riferimento alla fetta di centrosinistra che fa capo al leader di “Italia Viva”, Matteo Renzi, e che non fa parte della coalizione di governo della Regione. Infatti, due componenti della cabina di regia di “Italia Viva- Puglia”, Marilù Barnaba e Matteo Viggiani, assieme ad Antonio Clemente Cavallo, presidente “Italia Viva – Lizzano (Ta)”, e Angela Lasorsa, presidente “Italia Viva – Andria (Bat)”, hanno annunciato di abbandonare il partito di Renzi e le cariche che ricoprono all’interno di esso, perché in aperto conflitto per il nuovo posizionamento partitico di questo a livello nazionale e pugliese. Un posizionamento che i predetti quattro dissidenti considerano “sbagliato sia nel metodo che nel merito” e temono che “l’ipotesi di avvicinamento alla giunta guidata dal governatore Emiliano, magari chiedendo scusa in ginocchio” possa compromettere definitivamente la credibilità di Iv in Puglia. Infatti, sostengono i quattro esponenti ora ex renziani “non si torna al campo largo con il cappello in mano a chieder perdono per un passato di cui esserne orgogliosi”. Quindi, hanno proseguito i citati defezionisti di Iv, “una decisione sofferta, un percorso interrotto bruscamente da una scelta, seppur legittima, dettata dal presidente nazionale, di aderire a un perimetro politico che consideriamo incomprensibile e, che dall’oggi al domani consegna (ndr – in Puglia) l’intera comunità di Italia Viva a una babele indecifrabile di soggetti politici contraddistinta da idee diametralmente opposte a quelle che hanno caratterizzato la nostra storia”. Ed ancora: “Abbiamo assistito nelle ultime ore a un’ipotesi di uscita dei renziani dalla giunta di Genova per poter sostenere la candidatura di Orlando in Liguria (ndr – Andrea Orlando del Pd, candidato presidente per la Regione Liguria del campo largo) espressione di una politica lontana anni luce dalle nostre idee”. Pertanto, hanno spiegato inoltre i defezionisti pugliesi di Iv, “appare possibile l’ipotesi di avvicinamento della comunità renziana in Puglia alla giunta Emiliano, sacrificando l’orgoglio di migliaia di persone che hanno speso tempo e soldi per perseguire un’idea”. E poiché i quattro citati esponenti non accettano di “mandare al macero una storia di passione, futuro e riformismo per tatticismo esasperato e spirito di sopravvivenza”, ritengono anche che “non si può decidere di stare con il centrosinistra a prescindere, senza nemmeno una discussione interna al partito”. Per poi concludere: “La politica ha un solo volto, quello del merito e di una semplice visione”. Ovvero “futuro, coraggio e impegno”. Per chi, evidentemente, ancora crede in una politica fatta di idee e programmi e non soltanto di interessi soggettivi e particolari che purtroppo, ormai, prevalgono invece su tutto il resto.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 10 Settembre 2024