Renzi chiama Emiliano a poche ore dall’Assemblea nazionale
Si scinde, non si scinde. Si scinde, non si scinde…A recitare questo ritornello, sfogliando simbolicamente uno ad uno i petali di una margherita (considerato che non è ancora il periodo per poter procurarsi materialmente un esemplare di questo fiore!) sono soprattutto gli esponenti dem di matrice centrista che nel 2007, al momento della fusione con i diessini, rappresentavano il partito de “La Margherita” e che ora si ritrovano paradossalmente, per una nemesi storica, a sfogliare virtualmente il simbolo di quella formazione politica per chiedersi: che succederà nelle prossime ore al Pd? Ovvero al partito che avevano contribuito a fondare, accantonando il simbolo di quel fiore primaverile, per rendersi politicamente più forti insieme ai diessini che, a loro volta, per lo stesso motivo avevano archiviato la quercia che affondava le proprie radici direttamente nel vecchio Pci. Infatti, il rebus intorno al quale si stanno cimentando in queste ore anche nel Pd pugliese è se il partito è ineludibilmente desinato a spaccarsi in due come una mela, tra “renziani” ed “anti-renziani” dall’altra, oppure c’è ancora qualche spiraglio, per cui queste due anime possano continuare a stare insieme sotto un’unica sigla, il Pd per l’appunto. Fino alla tarda mattinata di venerdì i margini di riappacificazione tra il segretario Matteo Renzi ed i suoi principali tre contendenti alla guida del Pd (Roberto Speranza, Enrico Rossi ed il governatore pugliese Michele Emiliano) sembravano ormai del tutto svaniti, nonostante gli appelli all’unità di mediatori e pontieri da ambo i lati non siano mai mancati da lunedì scorso, quando l’ex premier Renzi, insieme alla sua maggioranza in direzione, aveva deciso di ignorare del tutto le richieste della minoranza interna sia sulla data di celebrazione del prossimo congresso che sulla possibile durata del governo Gentiloni fino alla scadenza naturale dl 2018, tirando quindi dritto per la sua strada e facendo votare l’ordine del giorno che ha dato il via alle procedure congressuali, il cui primo atto è l’assemblea di domenica prossima. Mossa, questa, che ha poi provocato il compattamento dei tre antagonisti di Renzi per la guida del partito, vale a dire Speranza, Rossi ed Emiliano, che a loro volta si sono dati subito appuntamento ad oggi, sabato, per una riunione unitaria pre assembleare delle rispettive “truppe” cammellate interne al Pd. Riunione il cui principale scopo dovrebbe essere verosimilmente quello di fare il punto sull’atteggiamento riservato in direzione alla minoranza dal segretario uscente, ma conseguentemente anche la strategia da adottare in risposta al predetto comportamento. E, dai toni fin qui usati dagli “anti renziani”, la strategia non poteva di certo più essere quella dei separati in casa, ma del divorzio. Ma anche da parte di Renzi nel corso della settima, pur con toni inclusivi, i comportamenti sono stati decisamente repulsivi nei confronti dei contestatori. Insomma, il “gioco” da entrambe le parti si è fatto duro. Infatti, fino a venerdì mattina nel Pd si è visto un vero e proprio braccio di ferro, tra Renzi ed i suoi contestatori interni, che non ha precedenti nella storia repubblicana dei partiti politici post bellici. Però, un significativo rallentamento nella corsa alla scissione del Pd si è registrato su ambo i fronti subito dopo un “fuorionda” del ministro alle Infrastrutture, Graziano Delrio, che, lamentando in questi giorni finanche l’assenza di una telefonata da parte del segretario ai rappresentanti della minoranza per tentare di ricomporre lo strappo avvenuto in direzione, ha lasciato intravedere un certo malcontento nella maggioranza renziana, per una mancata possibile apertura del segretario nei confronti della maggioranza. Apertura che, però, è giunta nel primo pomeriggio con una telefonata di Renzi ad Emiliano. Un atto di disgelo, questo, che ha riaperto le porte ad una probabile ridiscussione delle decisioni già assunte dal segretario per la celebrazione del congresso e, quindi, ad un ripensamento delle diverse questioni sul tappeto all’interno del Pd. “Matteo mi ha chiamato e abbiamo parlato. Spero che il nostro confronto sia utile alle sue prossime decisioni”, ha scritto Emiliano nel primo pomeriggio di venerdì sulla sua pagina di Facebook. Quindi, il segretario Renzi, avendo ora capito che anche nella sua stessa maggioranza l’atteggiamento di chiusura totale nei confronti della minoranza interna non è piaciuto affatto, si è precipitato a tentare di riannodare i fili che sembravano ormai spezzati con i suoi contestatori. Stando così i fatti, non è escluso che nelle prossime ore altri esponenti della maggioranza renziana del Pd, ma anche lo stesso Renzi, si adoperino per trovare eventuali punti di contatto con la minoranza, affinché la scissione all’interno del Pd non finisca per diventare un’opzione obbligata per ambo le parti in contrasto. Infatti, è possibile che l’Assemblea dem già convocata per domenica prossima slitti ad altra data da stabilire oppure che si svolga comunque, ma senza che Renzi si dimetta, dando avvio alle procedure obbligate per la convocazione in anticipo del congresso. E ciò al fine di prendere tempo ed affrontare con più serenità per tutti le diverse questioni interne, a cominciare probabilmente anche dalla legge elettorale per le prossime politiche e da come suddividersi i posti ad elezione sicura per il Parlamento, ossia quelli dei capilista nei collegi elettorali. Anche questo, infatti, è un rebus di non poco conto nel Pd. Ed è, forse, il più importate di tutti nella situazione attuale del partito.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 18 Febbraio 2017