Cronaca

Reperti falsi: gli artigiani migliori? Pugliesi

Cosa non si tarocca, oggi. All’appello mancavano i reperti archeologici. A gennaio di quest’anno una banda di tombaroli attiva nel casertano e nel beneventano è stata sgominata. Tra la refurtiva recuperata anche molti pezzi falsi, prodotti da “artigiani, soprattutto pugliesi”. Da dove può nascere l’utilità di mescolare ad ‘articoli’ autentici, articoli ‘di concorrenza’? e come spiegare che fossero soprattutto pugliesi gli artigiani incaricati di questa contraffazione? La prima domanda trova risposta nel fatto che sul mercato clandestino del reperto il 95% della domanda è rappresentato da gente di modesta levatura culturale, piccoli e rampanti borghesi preoccupati solo di darsi un tono sfoggiando in salotto un cratere, una lucerna o un’anfora di pretesa età romana. Con clienti così il tombarolo sa come comportarsi, sa che se la partita di ‘merce’ non contempla articoli ‘vistosi’, il pollo non compra. Ora, in una triviale scala di valori, non esiste paragone tra il manico (autentico) di un’olla funeraria e un vaso (falso) riccamente decorato. Solo che quest’ultimo ‘tira’, o, per dirla in termini da ipermercato, ha il pregio di fare da articolo di richiamo. E perché non risalti troppo, ovvero non catturi troppo la curiosità (e l’attenzione) del compratore, è utile mimetizzarlo insieme a cose di maggior valore ma che in vetrina non fanno altrettanto colpo. Il falso più ricorrente è quello in terracotta.  Il ricorso a determinati acidi consente di riprodurre sulla superficie del reperto le stesse tracce che l’azione di minerali o residui organici o dell’umido del terreno produrrebbe su un pezzo autentico. In alcuni casi, per conferire maggiore realismo all’inganno, si arriva a frangere il pezzo taroccato con un leggero colpo di scalpello (affinché i frammenti da ricomporre siano non più di tre o quattro). E veniamo alla seconda domanda, perché sono soprattutto pugliesi gli artigiani falsari? La prima cattiveria che ci viene in capo è che la Puglia vanta i migliori figuli del mondo. In quelle città dove da noi la terracotta è diventata una religione, si può sfornare quello che si vuole. E siccome le antiche tecniche di decorazione non ci sono ignote, può essere un gioco da ragazzi per gente del mestiere riprodurre vasellame o altri manufatti ceramici del tale secolo prima o dopo Cristo. Sono sospetti odiosi, lo riconosciamo, ma in tempi di stretta economica e di degrado dei costumi può essere una bella tentazione per un ceramista in crisi l’idea che un’anforetta qualunque, decorata alla meglio e del valore di pochi euro possa essere rifilata al tonto di turno per una manciata di bigliettoni.
italointeresse@alice.it
 
 
 
 
 


Pubblicato il 13 Luglio 2011

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