Cultura e Spettacoli

Restauro digitale e le marachelle di ieri

Lunedì scorso, nei locali della Cittadella della Cultura, ha avuto luogo la presentazione di “Bari nuova nasce e cambia”, un itinerario tra immagini e testimonianze da Gioacchino Murat alla Fiera del Levante che si inserisce nel pacchetto celebrativo per il bicentenario del borgo murattiano. L’evento, organizzato da Ministero Beni e Attività Culturali, MIUR e Biblioteca Sagarriga Visconti in collaborazione con l’Associazione Comunicazione Plurale, è stato possibile grazie al contributo di Carmelo Calò Carducci il quale per l’occasione ha messo a disposizione parte significativa della propria collezione, un tesoro iconografico in originale. Un tesoro, però, che si presentava danneggiato dal tempo, malgrado le più amorevoli cure. Ciò ha reso necessario un lavoro di restiling attraverso la tecnica della digitalizzazione. Compito affidato a un giovane art designer di casa nostra, benché nato a Milano. Mariano Argentieri. Davvero prezioso il lavoro di Argentieri poiché ha consentito di sollecitare l’attenzione verso aspetti della foto d’epoca che spesso sfuggono. Si avrà un bel tuonare contro le inquietanti possibilità che la tecnologia offre, tuttavia quale piacere rivedere scorci cittadini, scomparsi oppure oggi stravolti, affrancati dalla patina gialla impressa dal tempo. L’alleggerimento cromatico che viene dalla regolazione della tonalità dei grigi, tra l’altro, migliora lo studio di didascalie e dettagli. Il che solleva pure veli inattesi. Potendo guardare meglio le cose, per esempio, ti accorgi di come ciò che in lontananza può apparire un passante, è in realtà frutto di un abile intervento grafico volto a non far apparire troppo spopolata una piazza o una via. E ti accorgi pure che la strana leggibilità di diciture commerciali che sormontano l’ingresso di esercizi commerciali è il risultato di altro abile intervento fatto a suo tempo a scopo di réclame. E che dire di quell’inquadratura ‘serotina’ e policromica (ottenuta con l’impiego di anilina) che riprende un angolo di Corso Vittorio Emanuele con in primo piano l’ingresso dell’Albergo Diurno e il Piccini sullo sfondo con la luna che splende in alto? Il restauro digitale di Mariano Argentieri ha consentito di appurare che quel disco bianco in cielo non è la luna bensì il sole ; in sostanza si tratta di un’immagine diurna che filtrata attraverso una lente speciale volge il giorno a notte (un trucco ancora oggi in uso nel cinema). Il lavoro del nostro designer stuzzica interrogativi : perché il fondo stradale del tempo appariva così regolare e dalla costante tonalità grigia? Forse per una questione di pulizia dell’immagine si provvedeva a ritocchi che prevedevano la miracolosa ‘eliminazione’ di buche, piccoli dossi, tracce di rappezzamento… E perché in certe immagini le strade si presentano come quelle di una città morta? Chissà, se in alcuni casi si riteneva utile ‘aggiungere’ passanti, in altri la stessa esigenza di pulizia d’immagine suggeriva l’eliminazione di pedoni sgraditi… Ma allora, tornando al lavoro di Argentieri, quel dirigibile che sorvola l’Ateneo è forse un abile fotomontaggio di furbi maestri della fotografia? Non meno dubbio il contesto architettonico dell’Albergo Miramare ;  sembra di stare a Nizza…. Marachelle, certo, rispetto alle possibilità che la tecnologia oggi ci offre di riprodurre virtualmente e con fedeltà inquietante luoghi, uomini e cose. Le marachelle dei padri, tuttavia, confermano questa nostra e preoccupante inclinazione a impiegare le conquiste della scienza a favore del bene solo in subordine. Ovvero, se parliamo di immagini fotografiche, a danno (anche piccolo) della Storia.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 28 Febbraio 2013

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