Cultura e Spettacoli

Riccardo Cucciolla, la nostra voce

Per anni è stato ‘la’ voce del cinema italiano. E’ lui la voce di John Kazale in ‘Il Padrino’ I e II,  di Paul Guers ne ‘La Piovra’ 2 e 3, di Dwight Weist in ‘Il nome della Rosa’, di Bruno Ganz in ‘Il cielo sopra Berlino’… Sua ancora è la voce recitante ne ‘I vitelloni’ e ‘Il compagno Don Camillo’… Mite e cordiale, personaggio discreto e nemico della mondanità, Riccardo Cucciolla, quest’uomo apprezzato da colleghi e addetti ai lavori per la professionalità meticolosa, è stato il miglior doppiatore della storia del cinema italiano. Si calcola abbia doppiato una quarantina di star. Si distinse anche nella direzione del doppiaggio (‘Novecento’, ‘Cera una volta in America’, ‘E la nave va’, ‘Marco Polo’ e ‘La piovra’). Fu anche un apprezzatissimo attore ; iniziò col fare teatro prima di girare una trentina tra film e sceneggiati RAI (Vito Attolini e Alfonso Marrese gli hanno di recente dedicato uno studio, ‘Riccardo Cucciolla, ritratto di attore’ – Edizioni dal Sud). Memorabile la sua partecipazione in ‘Sacco e Vanzetti’, un film diretto da Giuliano Montaldo nel 1971. L’attore barese è qui nei panni di  Andrea Sacco (il ruolo di Bartolomeo Vanzetti toccò a Gian Maria Volonté) ; in origine la parte doveva toccare a Yves Montand ma al termine di un lungo braccio di ferro Montaldo impose Cucciolla alla produzione. Per quella interpretazione  l’attore barese, di cui oggi ricorre il 91esimo anniversario della nascita, fu premiato a Cannes come miglior interprete maschile. Fu un interpretazione magistrale, quella, che toccò l’apice nella scena in cui Nicola Sacco, nella cella della morte, a qualche minuto dall’esecuzione capitale (salì lui per primo sulla sedia elettrica) scrive l’ultima lettera, indirizzata al figlio Dante. Cucciolla è di spalle, vestito della divisa dei carcerati del penitenziario di Charlestown ; sulla schiena porta il numero 260. Sembra il Wiston Smith di ‘1984’ che si abbandona alla libertà del suo diario al sicuro dello sguardo del Grande Fratello. Ma sembra anche l’Antonio Gramsci intento a vergare i famosi Quaderni nella cella del penitenziario di Turi (nel 1977 l’attore barese vestì i panni dell’ostinato intellettuale antifascista in ‘Antonio Gramsci – i giorni del carcere’, un film di Lino Del Fra). Poi la prospettiva d’immagine muta : Sacco è ripreso dal basso col viso bene in vista. Ha appena deposto la penna, tiene le labbra serrate, lo sguardo fisso nel vuoto. Sta pensando, sta ricordando. Una malinconia dolcissima, dignitosa e leggermente fiera gli colora l’espressione. Dopo di che, fuori campo, parte la voce dello stesso Cucciolla che con timbro mesto ma sereno, in un italiano cadenzato di foggiano (Nicola Sacco era nativo di Torremaggiore) recita quella missiva. Struggente.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 5 Settembre 2015

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio