Ricordi baresi: in Fiera non si poteva ridere
E rieccoci con la Fiera, appuntamento storico di questa città, secondo soltanto alla sagra del suo amato Protettore. Un appuntamento, però, che ormai da tempo i baresi continuano a non disertare unicamente per abitudine radicata, forse per scaramanzia. Per la generazione dai capelli bianchi la nostra Campionaria è più ragione di sbadigli e polemiche che di spunti propositivi. In Fiera lo sanno e studiano di rinnovarsi, di ritrovare una funzione sociale più incisiva. Ma più in là dell’abbattimento di un brutto padiglione per sostituirlo con altro e ancora più vasto e anonimo contenitore non si è saputo andare. Quello architettonico resta uno dei limiti più vistosi della Fiera del Levante. In origine (il 1930) il complesso presentava una coerenza stilistica che, dettata dallo spirito del Regime, esprimeva la presenza d’un’idea, discutibile quanto si vuole, ma forte e chiara. Al presente il quartiere fieristico è un ibrido architettonico che riflette la confusione dei tempi ; sa di acquoso, di inconcludente. Sensazione particolarmente forte nei padiglioni degli Enti pubblici. I (pochi) visitatori che mettono piede nei padiglioni dell’Enel, della Regione o della Provincia ne escono velocemente, delusi dalla carenza di idee e perplessi dinanzi a un impiego così improduttivo di tanto spazio. Ad onor del vero, non che in passato andasse meglio. L’espressione del Potere è sempre algida, vacua, avulsa dal reale ed estranea all’uomo della strada. Talora è così pretenziosa che vien da riderne. Sempre che ciò sia consentito. Anziani ci hanno raccontato che nel corso della settima edizione della Fiera del Levante (era il 1936) i visitatori uscivano dal padiglione dell’UNPA con la mascella tesa. No, non imitavano il Duce, né erano arrabbiati ; semplicemente soffocavano un’ilarità che all’epoca sarebbe stata giudicata politicamente scorretta. Era UNPA acronimo di Unione Nazionale Protezione Antiaerea, un ente morale istituito allo scopo ”di integrare l’azione degli organi statali preposti alla protezione antiaerea con la propaganda, la raccolta dei fondi, l’organizzazione di squadre volontarie per coadiuvare le Autorità preposte alla protezione anti-aerea”. Di fatto era la barzelletta d’Italia per la modestia dei mezzi a disposizione e delle risorse umane ( persone non più giovanissime o scartate alla visita di leva) e soprattutto per la prosopopea con cui l’Ente si proponeva. Una foto d’epoca (la cui pubblicazione ci è impedita dal copyright) ritrae sulla soglia del padiglione barese volontari UNPA gongolanti nelle loro divise mentre posano accanto a una imponente mitragliera antiaerea avvolta da sacchetti di sabbia. L’immagine giustifica pienamente l’ilarità repressa per il fatto di ‘fermare’ in modo tanto esemplare quanto involontario tutto il pressapochismo con cui quell’Italietta si apprestava a sfidare i giganti della guerra, peraltro a fianco del peggior alleato. Ma si poteva davvero credere che l’arma dell’ oscuramento e motocarrozzette di volontari armati di pale, piccoli ed estintori bastassero a tenere la patria al sicuro da stormi infiniti di bombardieri? C’era voglia di ridere per non piangere. Ma ridere non si poteva… Va detta però una cosa : quando fu il momento di entrare in azione, le squadre UNPA, pur mal equipaggiate e composte non dal fior fiore della gioventù, si distinsero nel soccorso dei civili sepolti dalle macerie. Ovviamente non si resero protagoniste dei miracoli ventilati dal Regime, ugualmente restano numerosi i racconti degli scampati a un bombardamento dove vengono ricordati i volontari di quell’organizzazione mentre prestavano soccorso.
Italo Interesse
Pubblicato il 8 Settembre 2012