Rinviate ben due volte in Cdm le conclusioni del Viminale sul “caso Bari”
Attesa da oltre 10 giorni la decisione del ministro Piantedosi sulla relazione della Commissione di accesso agli atti del Comune. Forse all'odg del Governo nella seduta del 9 gennaio prossimo
Stante ai tempi previsti dalla normativa, i baresi avrebbero dovuto conoscere già da una decina di giorni le risultanze della Commissione di accesso agli atti del Comune di Bari, nominata – come si ricorderà – lo scorso mese di marzo dal Viminale, a seguito di quanto emerso il precedente 26 febbraio dall’inchiesta della Dda denominata “Codice interno”. Finora, invece, è noto soltanto che il cosiddetto “caso Bari” è stato posto all’Odg per due sedute di Consiglio dei ministri, ma mai affrontato, perché rinviato in entrambe le volte. Stante alcune indiscrezioni, per detto “argomento” la volta buona a Palazzo Chigi dovrebbe essere la riunione di Cdm prevista per il 9 gennaio prossimo. Secondo taluni, non è neppure detto che in quell’occasione il governo Meloni si occuperà effettivamente dell’indagine amministrativa disposta lo scorso 20 marzo sul Comune di Bari, perché anche in detta sede potrebbe esserci un ulteriore rinvio della questione, considerate le emergenze ed urgenze di altri temi già presenti all’orizzonte per il governo Meloni. Nel frattempo i cittadini baresi attendono con fiducia di sapere dal ministro degli Interni, prefetto Matteo Piantedosi, se l’Amministrazione della propria Città negli ultimi anni è stata scevra da condizionamenti ed ingerenze della criminalità organizzata, oppure no. Come talune vicende, rivelate a più riprese dall’Autorità giudiziaria, farebbero presumere. In altri termini, si tratta di sapere se la narrazione della nostra Città, diffusa negli ultimi anni da talune società di marketing affidatarie dell’immagine mediatica di taluni amministratori locali, corrisponda realmente a quella di una “Bari da bere”, oppure se, alla luce di quanto già rivelato dalla Dda e da ciò che eventualmente potrebbero aver appurato i membri della Commissione, sarebbe forse più appropriato parlare di una “Bari da digerire”. Insomma, i “dubbi” non sono di poco conto per chi intende conoscere qual è l’effettivo stato del Capoluogo pugliese, prescindendo dalla propaganda politica quotidiana e dalle narrazioni su commissione, per compiacere l’opinione pubblica. Infatti, fatto salvo il diritto, la dignità e l’orgoglio di una comunità a non essere criminalizzata o sottoposta a giudizi sommari e generalizzati, c’è comunque la necessità di sapere se, nel decennio alle nostre spalle, la Città di Bari sia stata amministrata correttamente, secondo canoni di legalità e trasparenza, oppure se vi sono state delle zone d’ombra o, peggio, opache. Ed il dilemma non è certo di poco conto, poiché dalla risposta a tale interrogativo potremmo capire effettivamente se talune vicende, poco felici per la storia della nostra Città, siano state solo ordinari “incidenti” di percorso, oppure trattasi di una “palude” che rischia di infangare un’intera, gloriosa e laboriosa comunità cittadina, che va invece salvaguardata anche a costo di riconoscere eventualmente che “schizzi” di fango possono essersi verificati, ma che da questi la Città non sia stata intaccata nel suo tessuto democratico ed istituzionale e senza traumi per alcuno. Quindi, già da qualche settimana Bari attende con serenità e fiducia di conoscere sia la relazione dei tre commissari ministeriali, che per sei mesi hanno effettuato approfondimenti sugli atti comunali e sulle vicende delle partecipate cittadine sospettate di essere finite in odore di condizionamenti malavitosi, sia le conseguenti determinazioni del Ministero degli Interni. Il fatto che il Viminale con i tempi sia andato oltre i 45 giorni previsti dalla legge per la decisione e che per ben due volte il Cdm non abbia affrontato in maniera risolutiva il “caso Bari” lascia presumere che all’interno della coalizione di governo non vi sia ancora un accordo unanime sulla decisione da adottare. Infatti, nel caso di specie, in ballo c’è la credibilità delle istituzioni democratiche, che con fermezza e rigore devono saper dare una giusta e legittima risposta ad una Città che nei fatti è stata quasi sicuramente vittima di “mala politica” o “mala gestione”, ma che comunque deve avere chiarezza sui fatti che riguardano la vita collettiva. Una decisione che per alcuni può rappresentare una sorta di “spada di Damocle” sulla Città, ma che in realtà è, invece, solo una necessità di chiarezza, per quello che è accaduto in passato e per ciò che dovrebbe essere il suo futuro.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 31 Dicembre 2024