Cultura e Spettacoli

Roberto il Guiscardo, pescatore del nulla

Pochissimo si sa si sa di Guglielmo di Puglia, un erudito dell’XI secolo che ha legato la sua fama ad un poema in esametri in cinque libri che narra  la storia dell’arrivo dei Normanni nel Mezzogiorno d’Italia e si ferma al 1085, anno della morte di Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo. L’opera (‘La geste de Robert Guiscard’) esalta le numerose ‘virtutes’ del nobile normanno in una visione “provvidenzialistica” dell’Altavilla (Francesca Sivo in ‘Puglia Mitica’, Levante 2012). Virtù che si manifestano non soltanto nelle operazioni militari e in altre imprese di maggiore importanza e impegno ma anche in circostanze di minor rilievo attinenti la sfera del comune quotidiano. Il Guiscardo, per esempio, si sarebbe distinto per la cattura di un pesce di straordinaria grandezza e di forma mostruosa (“piscem… / … horrendo corpore magnum” , vv. 167-168) che avrebbe sfamato per lungo tempo lui stesso e i suoi. Di quale creatura poteva trattarsi? Un pesce enorme, ‘brutto’ e saporito… Un esemplare singolarmente grosso di pesce spada o di squalo? Al primo mancherebbe il carattere della mostruosità, al secondo quello di animale ‘da tavola’. Si potrebbe considerare allora il caso del leone marino o del tricheco, specie la cui presenza nel Mediterraneo di mille anni fa non si può escludere. Anche qui fa ostacolo la scarsa fama gastronomica. Per esclusione, concludiamo che forse il Guiscardo mise la mani su un capodoglio o una balena. Ma un cetaceo di quelle dimensioni non si pesca con la stessa facilità di un’orata o una spigola. Servono competenze specifiche, che da noi non erano di casa, diversamente le fonti avrebbero tramandato insegnamenti circa la caccia alla balena o al capodoglio in Adriatico e Jonio, quando invece relativamente agli stessi mari si limitano a citare casi di spiaggiamento. Ci pare perciò credibile che nessun re abbia calato con fortuna la rete o la lenza. Piuttosto, mentre erano in navigazione nelle acque pugliesi a qualche centinaio di metri dalla costa o quando lungo la stessa  procedevano a piedi, l’Altavilla e compagni scorsero uno di questi giganti del mare miseramente abbandonato sul bagnasciuga e, interrotto il viaggio, vi si avvicinarono in un misto di curiosità e timore. Poi, realizzato che il pericolo non sussisteva e superata l’iniziale repulsione, avrebbero provato ad assaggiarne la carne. Sicché, una grigliata all’aperto così vasta da passare alla storia venne spacciata da cronachisti in vena di interessate celebrazioni per frutto di una (falsa) impresa pescatoria. Giustamente osserva la Sivo “il racconto dettagliato di Guglielmo appare pienamente funzionale alla costruzione  del mito dell’Altavilla e, per il suo tramite, alla celebrazione del valore normanno, vero obiettivo politico dei ‘Gesta Roberti Wiscardi’ in un frangente in cui l’alleanza fra il Papato e i Normanni assumeva grande significato in rapporto con le crociate”.

Italo Interesse


Pubblicato il 23 Gennaio 2013

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