Roberto, ovvero del tormento interiore
Una ‘confezione’ di carne da cannone made in Puglia muore insieme al suo stock nelle gelide pianure sovietiche un giorno del 1943 e la vita di un bambino ne resta segnata. Un bambino ancora di là da venire. Roberto Corradino è morto, recita il sottotitolo di una produzione Reggimento Carri che tra venerdì e sabato è stata in cartellone al Nuovo Abeliano. Eppure Roberto Corradino è ben vivo (malgrado tutto), grida fra le righe suo nipote, che è il bambino e l’interprete dello spettacolo di cui sopra. ‘KNØWNØNÊ’ è il racconto degli sviluppi di un interrogativo rimasto senza risposta. Come è morto il nonno?… Corradino domanda alla nonna. Nella domanda – ricorrente nel corso dello spettacolo – è come se strisciasse qualcosa di più di una curiosità ‘da prima linea’. Dopotutto, quando ti scagliano all’inferno, fa poca differenza se a centrarti è una scarica di mitraglia oppure una scheggia di bomba. Ciò che inconsciamente agita il piccolo è la curiosità di sé. Non si raggiunge la felicità senza sapere cosa si va cercando dalla vita. Per saperlo occorre conoscersi. Chi sono?… Gran bella domanda. A svelare l’arcano può rivelarsi utile il prendere coscienza del chi si è stati nel pre-vissuto degli avi, specie di quelli avvolti dal mito di famiglia. E allora chi meglio di un caduto dell’Armir per scatenare questa curiosità nobile? L’impossibilità di una risposta esaustiva soprattutto al quesito strisciante ‘segna’ un bimbo. ‘KNØWNØNÊ’ è il racconto di un inquietudine ‘superiore’ protrattasi per la pubertà, l’adolescenza e la gioventù. Un’inquietudine sfociata infine nell’impellenza di un viaggio-pellegrinaggio nel territorio di Voronezh, l’‘oblast’ della Russia tra Mosca e il confine ucraino dove il 17 gennaio di settantadue anni fa scomparve un padre di famiglia di 31 anni che non aveva dichiarato guerra a nessuno. Corradino sceglie l’autoironia per narrarsi senza veli e tentare l’affresco di una generazione tormentata, quella cresciuta fra disegni animati giapponesi e disco-music. Tormento mascherato dal taglio festoso, volutamente goliardico impresso alla messinscena. Qui si scherza (quante risate in platea) a proposito di catechesi, autoerotismo, trasgressione, primi approcci e vita di coppia, ma periodicamente alla prima occasione il magone riemerge, monta come una marea inarrestabile e solenne. “Oppure ero…” ricomincia Corradino quando ad ogni ideale capoverso del proprio racconto, abbandonata l’azione, va a riprendersi il suo cono di luce dove rinnova il proprio struggimento. Ma essere stati più d’uno, e magari permanere in questa ‘pluralità’ con la prospettiva di confermarsi tali anche per l’avvenire, è il prezzo (quantunque iniquo) di quella diversità di pensiero che discrimina l’essere dal non essere, l’Uomo dal Caporale. Realizzato in coproduzione col TeatroKismet, ‘KNØWNØNÊ’ è creazione collettiva di Roberto Corradino e dei suoi compagni di scena, i bravi e generosi Sara Bevilacqua, Antonio Guadalupi, Filomena De Leo e Gabriele Montaruli.
Italo Interesse
Pubblicato il 24 Novembre 2015