Rosa volò, il soldato non capì
Al curioso che si aggiri per Molfetta vecchia non può sfuggire una targa dove si legge : “A Rosa Picca, che nel sacco di Molfetta presa d’assalto da’ francesi a 18 di luglio del 1529 fuggì la violenza d’un soldato precipitandosi volontaria dal tetto di sua casa, il Municipio pose questa memoria nel 1890 per onorare il nome dell’eroica donna a cui più della vita fu cara la pudicizia”. Inutile sperare di sapere qualcosa di più, la Storia non aggiunge altro a proposito di questa donna o ragazza. Rosa Picca non poteva appartenere alla nobiltà. Diversamente, avrebbe avuto solenne sepoltura in qualche chiesa e oggi la sua memoria sarebbe culto o giù di lì. Rosa Picca faceva parte del popolo, forse di quello ‘basso’, come una volta si definiva l’ultimo strato sociale, quello composto da uomini e donne privi di ‘arte’, gente ai limiti della povertà fra cui non trovavi un fabbro o un falegname, una sarta o una ricamatrice. E quanti anni poteva avere Rosa? Forse meno di venti. A quei tempi a vent’anni le ragazze avevano almeno un figlio e una come Rosa mai avrebbe abbandonato la sua creatura ; piuttosto si sarebbe precipitata insieme al figlio, ai figli. Rosa Picca si lanciò dal tetto della casa doveva viveva. Lassù nessuno la sorprese mentre stendeva i panni o mentre di nascosto ai genitori s’incontrava con un amante audace. Lì, la povera fanciulla si era rifugiata appena dopo che la soldataglia francese si era messa a prendere a colpi di mazza ferrata l’uscio di casa, uscio che possiamo immaginare sprangato con l’inutile rinforzo di poveri arredi. Rosa scappò in mezzo a un baccano disperato di urla e richieste d’aiuto cui dall’esterno in mezzo a tonfi e spari rispondevano sarcasmi volgari di uomini eccitati dal vino e dall’ansia di preda, dal senso d’impunità e dalla brama di sangue che le circostanze sollecitavano. Nell’aria un odore acre di fuoco e di sudore accompagnato da una percezione devastante dell’orrore. L’odore della morte? Sì, in quel momento tutt’intorno centinaia di molfettesi morivano infilzati dalle spade e dalle picche, sotto i colpi del pugnale e della mannaia. Alle donne era riservato il peggio : prima l’oltraggio, anche multiplo, infine un taglio alla gola. Rosa, cui nessuno poteva averlo detto ma che prima di chiunque lo aveva capito, s’involò per la scala ripida stringendo un pugno il rosario. E in cima all’abitato, impotente testimone del sacco che allo sguardo si spiegava in tutta la sua ferocia, accucciata in un angolo si dispose all’attesa, pregando certamente. Che avrebbe fatto quando il momento fosse arrivato? Avrebbe invocato il nome della Vergine o dell’Altissimo. Chissà se sarebbe bastato. Ma salvare la vita e foss’anche l’onore le avrebbe cancellato dalla mente la memoria dell’orrore già vissuto in casa? Che ne era un piano, due piani più sotto di genitori e fratelli?… Infine si presentò la Morte. Il soldato francese non aveva volto. Gliel’aveva strappato l’abbrutimento della guerra insieme alla bellezza della gioventù sostituendolo con un’espressione feroce e anonima, ottusa e intransigente. Che vuoi pregare, che vuoi chiamare in mezzo i Santi. Il terrore però non paralizza Rosa come tante altre fanciulle e madri passate per il medesimo castigo. L’orgoglio trova un guizzo disperato e un bisogno irresistibile di dignità s’impossessa della giovane. Rosa Picca non ci pensa due volte. Non pensa nemmeno che darsi la morte è peccato mortale (così il prete dal pulpito, l’indice minacciosamente agitato). Non pensa. Una cosa più forte della ragione e del senso di colpa. Sale sulla ringhiera e… Da qualche parte si grida : No, Rosa! Il volo è breve, il tonfo è secco. Rosa ora è una sagoma immobile nella polvere, una sagoma in volo da qualche altra parte. Un soldato guarda stupito in basso. Più che la scorno della preda sfuggita lo stizzisce il fatto di non capire il gesto. Nessun pentimento, si capisce. Povera, grandissima Rosa.
Italo Interesse
Pubblicato il 20 Maggio 2014