Cultura e Spettacoli

Rukeli vive, lotta ancora

Il 31 marzo 1944 nel campo di concentramento di Wittenberge moriva Johann Wilhelm Trollmann, soprannominato Rukeli o anche Gispsy, talentoso pugile tedesco. Era nato a Wilsche, il 27 dicembre 1907. Non ci fosse stato il nazismo, Trollman sarebbe entrato nella leggenda del pugilato per l’efficacia del suo stile ‘danzante’, una novità assoluta per l’epoca (come nel dopoguerra avrebbe imparato a fare Cassius Clay, Rukeli saltellava intorno all’avversario che colpiva fulmineamente per poi ritrarsi con altrettanta rapidità ai colpi in risposta). Che problema presentava Trollman agli occhi di Hitler? Non era ariano, bensì ‘sinto’ (i Sinti costituiscono un’etnia di origine nomade e di lingua Romani ancora oggi insediata in Germania). Dichiarato a fatica, campione di Germania il 9 giugno 1933 dopo aver battuto Adolf Witt, otto giorni dopo Rukeli si vide ritirare il titolo dalla Federazione Pugilistica Tedesca per ‘condotta antisportiva tenuta durante il combattimento’. Per formalizzare sul ring il provvedimento, alla fine di luglio dello stesso anno gli proposero di competere di nuovo per il titolo, stavolta contro Gustav Eder , ma a condizione di non muoversi dal centro del ring e di tenere la guardia bassa, pena la revoca della licenza. Rassegnato a perdere, Trollmann si presentò col corpo cosparso di farina e i capelli tinti di biondo. In questa caricatura ariana si lasciò andare al tappeto al quinto round (nel 2003 la Federazione Pugilistica Tedesca ha riconsegnato la corona sottratta a Trollmann settant’anni prima, consegnandola alla figlia del pugile sinto, Rita Vowe-Trollmann). Dopo la sua sconfitta contro Eder, Trollmann fu costretto a combattere clandestinamente nei luna park. Persino il suo manager, Zirzow, fu costretto ad abbandonarlo nel 1933. Dopo che gli revocarono la licenza di professionista, nel 1934, visse ad Hannover e il governo lo costrinse ai lavori forzati (spalare carbone nel quartiere di Hainholz) ; a sera faceva il cameriere a Kreuzklappe. Nel marzo del 1935diventò padre di una bambina, Rita, avuta da Olga Frieda Bilda. Nel giugno dello stesso anno la coppia si sposò. Braccato per subire la sterilizzazione imposta a tutti i Sinti, Rukeli dovette rifugiarsi nei boschi di Hannover per diversi mesi. Alla fine, dopo che la famiglia ebbe ricevute diverse minacce di morte dalla Gestapo, tornò per lasciarsi sterilizzare. Nell’ottobre del 1938 divorziò per salvare la moglie e la figlia, permettendo loro di cambiare cognome ; diversamente, le due innocenti sarebbero state deportate per ‘insulto alla razza’. Per un breve periodo visse di nascosto in casa di uno dei fratelli finché, nel 1939, fu arruolato dalla Wehrmacht. Ferito sul fronte russo, tornò a Berlino nel 1941. Al termine della convalescenza la Gestapo lo arrestò e lo fece deportare al campo di Neuengamme, vicino Amburgo. Di lì nel 1944 fu trasferito a Wittenberge, un altro campo di lavoro. A Wittenberge venne riconosciuto da un kapò ed ex pugile dilettante, Emil Cornelius, il quale volle sfidarlo. Il kapò andò al tappeto a metà della seconda ripresa. Lo sconfitto si vendicò pochi giorni dopo uccidendo Trollman a colpi di badile ; altre fonti riportano, invece, con un colpo d’arma da fuoco. A Rukeli hanno dedicato  numerosi omaggi. Uno di questi viene dalla Puglia. Il 27 gennaio di quest’anno, al Teatro Rossini di Gioia del Colle, è andato in scena ‘Il mio inv(f)erno… vita da zingaro’, uno spettacolo scritto e diretto da Maurizio Vacca e musicato dai CFF, nota band gioiese.  – Nell’immagine, Rukeli (a sinistra) impegnato in combattimento contro un avversario ‘ariano’.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 31 Marzo 2018

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