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Sacchetti abbandonati e miasmi: sempre più a rischio l’area dell’ex Gazometro

 

Un intricato grappolo di ricorsi e controricorsi sfociati dinanzi ai giudici del Tribunale Amministrativo, quello che ha annunciato la ripresa dei lavori di bonifica all’ex Gazometro del rione Libertà a Bari. Lavori che procedono a rilento, tra preoccupazioni e paura dei residenti, anche se lo stesso Sindaco Antonio Decaro, prima dell’estate scorsa, era pronto a dire che i lavori dovranno terminare entro quest’anno. Fin troppo facile a dirsi, visti i ritardi accumulati attorno all’area su cui sorgeva l’ex Gasometro, oggetto di un intervento di bonifica cominciato quattro anni fa. I lavori, attesi da tempo dai residenti della zona, interessano un’area di circa 20mila metri quadrati fra via Napoli e corso Mazzini, nel cuore della città. I terreni dell’ex Gasometro, infatti, sono contaminati da metalli, idrocarburi aromatici, cianuri leggeri, fenoli, idrocarburi leggeri e pesanti a causa della presenza di una fabbrica in cui, fino al 1968, il carbon fossile veniva distillato per la produzione di gas di città. E adesso a sentire l’ex consigliere Gino Cipriani e a vedere le foto che lui ha scattato all’interno del cantiere, ci sono <>. E allora, costa sta succedendo in corso Giuseppe Mazzini? In effetti da tempo sono piovute al comitato di quartiere guidato da Cipriani numerose segnalazioni e lamentele da parte di cittadini che si affacciano sull’area, in particolare sull’esistenza di centinaia di sacchetti, a cielo aperto contenenti sostanze non meglio identificate e che, comunque sprigionano miasmi maleodoranti, a tal punto da costringere alcune abitazioni a “blindarsi”. Ecco perché Cipriani ha chiesto agli organi competenti di voler accertare “…se il materiale accatastato nei sacchetti sia trattato secondo norme e modalità di sicurezza”. Ma i pericoli attorno all’ex Gazometro vengono da lontano: è stata riscontrata, per esempio, la presenza di diversi inquinanti, e dunque il cantiere interessa anche la bonifica della falda acquifera sottostante, che sarà realizzata attraverso l’iniezione di ossigeno nel sottosuolo affidata ad un sistema tecnico innovativo. I lavori di bonifica, interrotti nel 2013 a seguito del rinvenimento di ordigni bellici risalenti alla seconda guerra mondiale, la cui rimozione ha richiesto la consulenza e il successivo intervento di una squadra di esperti dell’esercito italiano, sono ripresi da poco e dovevano concludersi entro la fine dell’anno scorso, se non fossero intervenuti altri intoppi tra rinunce e sostituzioni delle imprese esecutrici, nell’appalto curato dall’ingegnere Campanaro e dall’ex assessore all’Ambiente Maria Maugeri. La bonifica della falda acquifera, invece richiederà otto anni, ma nel frattempo sull’ex Gasometro sorgerà un parco pubblico attrezzato dotato di strutture sportive, ludiche, parcheggi e servizi e finanziato attraverso un accordo di programma siglato con la Regione Puglia per circa 6 milioni 600 mila euro. Ma impegni e promesse sono saltati, con buona pace di sindaci, assessori, esperti e consulenti. Quella dell’ex fabbrica del gas era l’ultima area-problema, dopo l’intervento più urgente della messa in sicurezza della Fibronit e la bonifica con creazione di un grande parco urbano a Torre Quetta, tra i siti maggiormente inquinati di Bari. In quella zona, in passato, sono stati rilevati rischi gravi per la popolazione, con la fuorisciuta di benzantracene, benzopirene e dibenzoantracene, sostanze altamente cancerogene. La loro presenza, così come quella dei metalli pesanti, è da dieci a trentanove volte superiore al limite di rischio accettabile, così come fissato dalla legge 152 del 2006. Eppoi ci sono serbatoi che contaminano anche la falda, senza contare che parliamo di un’area densamente abitata, caratterizzata dalla presenza di sostante inquinanti e pericolose, quali metalli pesanti, composti aromatici, idrocarburi. Secondo i tecnici che hanno redatto le perizie nell’area ex Gasometro, le sostanze sono presenti sia nel sottosuolo sia nella falda sottostante in concentrazioni superiori ai limiti fissati dal decreto ministeriale 471 del 1999. Non solo. «Le sostanze inquinanti – è scritto nella relazione – sono state ritrovate anche nei vapori del suolo. L’ inquinamento della falda interessa anche una zona esterna al sito, come hanno dimostrato le ultime denunce del comitato di quartiere guidato da Gino Cipriani. Insomma, tra ex Fibronit ed ex Gazometro, bisogna dirlo, c’è una città stretta d’assedio che, stordita da promesse e ricorsi giudiziari, fa ancora i conti con l’emergenza ambientale, forse, più pericolosa d’Italia….

 

Francesco De Martino

 


Pubblicato il 13 Novembre 2015

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