Salieri, il braccio di ferro con Dio
Salieri non avvelenò Mozart, ma la Storia è piena di uomini invidiosi che con l’esercizio di un’astuzia malvagia o di una meschinità desolante hanno determinato la caduta prematura di grandi personaggi o ne hanno soffocato l’ascesa nella culla. Ciò rende preziosa l’invenzione di Puskin, che a sua volta aveva lavorato intorno ad una diceria, poiché esemplifica come il lato oscuro dell’animo possa esaltare la capacità di successo anche nei mediocri. Tale esemplificazione, portata in scena diventa spettacolo. ‘Amadeus’ è la cosa meglio riuscita di Peter Shaffer. Un capolavoro datato 1979 del quale però tutti si dimenticarono appena sei anni dopo quando il drammaturgo inglese adattò lo stesso testo alle esigenze del grande schermo per l’omonimo e celebre film diretto da Milos Forman. Apprezzabile perciò l’idea di Alberto Giusta di riallestire quel testo con le forze congiunte di Teatro Stabile di Genova e Compagnia Gank. ‘Amadeus’ è titolo fuorviante. Fa pensare che tutto ruoti intorno al genio di Salisburgo. Al contrario Mozart ruota come un satellite intorno ad un sole glaciale e buio : Salieri. Di qui la necessità di pensare ad un grande interprete. Giusta si affida al talento di Tullio Solenghi e i fatti gli danno ragione. Otto chiamate in scena, sabato sera al Traetta, per Solenghi e compagni al termine di una messinscena densa e sempre scorrevole. Solenghi deve farsi in quattro poiché l’asciutto testo di Shaffer – appena sette attori – prevede che Salieri entri ed esca dal personaggio per vestire il ruolo di narratore raccordando scene che invece nell’opera di Forman si saldano senza sforzo. Il gran lavoro di Solenghi produce un risultato ammirabile, specie in relazione all’aspetto blasfemo di Salieri, questo inesauribile braccio di ferro con un Dio avvertito come un’entità ingiusta e finanche crudele. Bella anche l’idea, in apertura di spettacolo, di Salieri malato e stanco che nel rimembrare avverte il ricordo del rivale come il suono di un corto circuito, di una fastidiosa interferenza radio. Un successo che Solenghi divide con i bravi Aldo Ottobrino (Mozart), Roberto Alinghieri, Arianna Comes, Davide Lorino, Elisabetta Mazzullo e Andrea Nicolini. Qualche perplessità solo intorno alla scena, inopportunamente povera : un clavicembalo, qualche sedia… Modesto anche l’effetto delle ombre di uomini e cose proiettate sul grande panno bianco posto a fondo scena. Né è piaciuta l’idea di un tecnico occhialuto e in panni di gusto ‘globale’ che disinvoltamente entra in scena a spostare ora questa, ora quell’altra cosa. Lo stesso giovane in livrea di servitore avrebbe svolto ugualmente la necessaria funzione senza spezzare il colore della messinscena.
Italo Interesse
Pubblicato il 10 Febbraio 2015