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San Nicola a norma, nuovi sprechi in vista

Entro il 2020 non saranno ammesse ai campionati maggiori quelle società che dispongano di impianti con la pista di atletica. Parola di Andrea Abodi, presidente di Lega B. Non dovesse retrocedere in C e dovessero le cose restare come sono, per quella data l’A.S. Bari dovrebbe emigrare a Taranto o a Foggia. A proposito del San Nicola Abodi ha parlato di “chiesa sconsacrata”, di impianto dimenticato, non tanto dai suoi tifosi quanto dalla sua gente, dalla sua città. Non gli è scappato di bocca : cattedrale nel deserto, espressione abusata finché si vuole ma particolarmente adatta allo stadio disegnato da Piano. E il deserto in questione è lo squallore di aree parcheggio prive di verde e in degrado, luogo di convegno anche diurno di mercenarie del sesso, transessuali e scambisti. ‘Rifare’ il San Nicola non dovrebbe prescindere dal riqualificare (anzi, bonificare) l’habitat in cui esso è immerso. Questo però è il meno. Il più è trovare come finanziare un’opera di restyling che si annuncia pure tecnicamente complessa. L’eliminazione della pista di atletica può avvenire in due modi. Al Comunale di Firenze hanno scelto di infossare il prato di un cinque metri in modo da far proseguire in basso la gradinata – che è ad anello unico – fino a portarla a ridosso del terreno di gioco, con l’eccezione delle curve. Al Sant’Elia di Cagliari, dove invece l’anello è doppio, non hanno infossato alcunché. Hanno ‘solo’ proceduto ad allungare all’ingiù l’anello superiore, sì che ora il pubblico è a pochi metri dal prato. Il che ha significato ‘nascondere’ e privare di qualunque significato l’anello inferiore. Restando però il problema della distanza del pubblico dietro le porte, proprio lì hanno elevato due gradinate ‘posticce’. L’intervento ha così annullato per sempre la funzione delle antiche curve. Un obbrobrio architettonico che ci auguriamo venga risparmiato al San Nicola. Con una soluzione che salvaguardasse la continuità architettonica, da noi resterebbe da risolvere il problema del comfort. Eliminato l’anello basso, riparo provvidenziale in caso di pioggia, più spettatori di un tempo resterebbero esposti alle intemperie, giacché l’attuale (e assai malridotta) copertura dell’anello alto copre lo stesso soltanto in parte (deficit progettuale). Una copertura totale, a questo punto di dimensioni smisurate considerando l’accresciuta profondità del nuovo ed unico anello, vorrebbe dire erigere attorno al perimetro dello stadio giganteschi tralicci a cui appendere con tiranti in acciaio migliaia e migliaia di metri quadrati di teflon. Impensabile. Piuttosto domandiamoci in tempi di dilagante pay tv se sia ancora il caso di investire in stadi che nemmeno in A si riempiono, salvo derby e match di Champion. Non ci pare il caso. Ugualmente gli insaziabili, impuniti e lagnosi signori del mattone insistono perché si metta mano a bulldozer, gru e impastatrici. Non gliene importa niente che in un paese sempre più turbolento come l’Italia le famiglie non metteranno lo stesso piede negli stadi. A loro basta l’alibi di rimettere in moto l’economia anche a costo di altri ecomostri e ancora cattedrali nel deserto. E chi pagherà il conto? Se dovessero bastare i soldi pubblici, saranno risorse distolte da ben più importanti fronti di sopravivenza. Non bastassero, i Comuni troverebbero come integrare. Ci sono tante belle case in giro, tanti bei limoni da premere…. E Pantalone, che odia il calcio, paga.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 13 Dicembre 2013

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