Cultura e Spettacoli

Sarius Surus: l’indizio

Tra le doti che si richiedono ad un buon archeologo c’è pure una certa capacità investigativa. Senza, si rimane solo rinvenitori. Sfruttando invece indizi, mettendo in relazione cose in apparenza estranee l’una all’altra, si può giungere a conclusioni che amplificano, talora anche di molto, il valore di una scoperta. Per esempio, nel 1972, nel mare di San Domino, una delle isole dell’arcipelago delle Tremiti, all’altezza di quel punto della costa detto delle Tre Senghe per via di tre profonde fessure, a una profondità di ventiquattro metri vennero individuati i resti di una nave lunga una ventina di metri e larga cinque, orientata secondo l’asse N-S. Successive campagne di ricerche, ad opera della Cooperativa Acquarius tra il 1981 e il 1982, consentivano di concludere che quella era stata una nave oneraria romana di piccolo cabotaggio e della portata stimata fra le quaranta e le cinquanta tonnellate. Dalla sua stiva furono recuperate centocinquanta anfore di vario tipo, che in origine si ritiene fossero circa un migliaio, disposte su tre livelli. Un bel ritrovamento. Restava però insoluto il problema della datazione. Tra i reperti c’erano anche ceramiche d’altro tipo. Frugando fra queste, il capo-archeologo notò una coppa  col sigillo di provenienza : il sigillo della bottega di Sarius Surus… E siccome costui era un noto e apprezzato figulo attivo nel primo secolo dopo Cristo, l’ultima navigazione di quella nave non poteva essere avvenuta che nello stesso periodo. E’ interessante la storia di questo figulo il quale in origine era servo e collaboratore di Sarius, un importante ceramista padano. Una volta affrancato dalla servitù, cioè diventato liberto, il giovane continuò l’attività in autonomia firmandosi Sarius Surus. I suoi manufatti si distinguevano per l’essere decorati con motivi vegetali mescolati a motivi tratti dal repertorio animalistico e mitologico. Venendo alla presenza di quel relitto, non possono esserci dubbi sulla causa dell’affondamento : naufragio a causa del maltempo. Il caso di quella nave romana non è isolato. Negli anni della Roma imperiale sono affondate intere flotte sulle scogliere delle Tremiti. Un problema legato alle correnti insidiose che tormentano quelle acque. Un braccio di mare ancora oggi ad altro traffico, benché nell’era precristiana fosse diversamente frequentato. Se oggi infatti l’affollano traghetti, panfili e cabinati, in passato le Tremiti erano una determinante stazione di rifornimento per le navi da carico che navigavano lungo la riva italiana dell’Adriatico. All’occorrenza quell’arcipelago si trasformava in un approdo salvifico per i mercantili sorpresi dal mare grosso. Quella nave oneraria romana fu ad un passo dalla salvezza.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 29 Maggio 2015

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