Cultura e Spettacoli

Scanzi, come se fosse Gaber…

Non si può racchiudere una vita e un percorso artistico come quelli di Giorgio Gaber in novanta minuti sul palcoscenico. Eppure Andrea Scanzi, giornalista del ‘Fatto Quotidiano’, sabato scorso al Teatro Palazzo di Bari è riuscito per oltre un’ora e mezza ad accalappiare l’attenzione e non far calare mai la tensione di una platea attenta ed appassionata proprio attorno a una figura unica, ma così difficile, controversa ed eclettica come quella di Giorgio Gaber. Calamitando alla fine entusiasmo e applausi a scena aperta. Racconti, aneddoti, e filmati dai primi Anni Sassanta fino agli ultimi giorni appiccicato a una sedia, quando il musicista già malato e dolorante accettò di andare a trovare l’amico Celentano in tv solo, appunto, per ritrovare un vecchio amico. Certo, Scanzi è stato bravo e convincente riuscendo, come detto, a non far calare mai la tensione del numerose pubblico sul personaggio che ha raccontato tra monologhi e canzoni ma, forse, pur costretto a pescare in un baule troppo pieno e sconfinato, come ha detto lui, poteva ricordarsi di far risentire al pubblico barese anche ‘La libertà’ o ‘La nave’, magari senza tagliare proprio l’ultima strofa di ‘Io se fosse Dio’. Quella in cui Gaber, dopo aver attaccato al cuore Aldo Moro e tutta la Democrazia Cristiana, abbassa i toni e dice praticamente che la cosa migliore da fare in un mondo di pazzi-violenti che sparavano e ammazzava era ritirarsi in campagna. Come fece lui, che per un po’ di tempo non pubblicò infatti né album né tanto meno face concerti, per un bel po’ di tempo. Certo, soluzione pianamente condivisibile per l’uomo che Scanzi ha raccontato l’altro ieri a Bari, senza fare sconti a chi non aveva ricette da dare o rivoluzioni da fare, un vate o filosofo-cane sciolto come l’hanno chiamato in molti che in fondo ha sempre e solo provocato. Anzi, sparso a piene mani idee e concetti in un mondo che continua ad andare in rovina normalmente. Finanche di mattina quando la gente dorme ‘…col suo normale malumore’, quando può però bastare un niente, magari un piccolo bagliore per stare bene ‘…come uno che si sogna’. Poesia anche questa, ma Scanzi la parola poeta al suo pubblico sabato sera non l’ha mai pronunciata sul palcoscenico. Forse perché oggi è squalificata quasi quanto quella di compagno, radicale e non. Alla fine applausi a scena aperta per il giornalista che ha sentito Gaber per la prima volta a diciassette anni quando ce lo portò il papà. E da allora la sua vita è cambiata, forse anche per via di quella foto in bianco e nero che proprio Scanzi diciassettenne scattò a Giorgio in una serata di quei prodigiosi anni Ottanta col microfono in mano, mentre cantava a squarciagola con la mano che roteava in aria; una foto immortalata su tanti manifesti ai concerti successivi, sulle copertine di compact/disch e perfino per accompagnare tanti articoli di giornale. Una foto che forse ha convinto il bravo Andrea Scanzi a preparare e replicare in giro per l’Italia negli ultimi sei anni per centotrentacinque il suo spettacolo. Quasi come Gaber…

 

Francesco De Martino    

 


Pubblicato il 11 Aprile 2017

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