Cultura e Spettacoli

Scherzo e ironia, la danza è anche questo

Chiusura maiuscola per ‘Visioni di (p)arte’. L’ultimo appuntamento della sesta rassegna di danza contemporanea promossa da Qualibò ha raccolto tre ben riusciti spettacoli. “Ricordo” (Scuola ‘Invito alla danza’, Barletta) propone un tema particolarmente amaro : L’ultimo colpo di coda di una guerra morente. L’estremo bagno di sangue è il più inutile, il più demenziale. In “Ricordo”, una coreografia di Monica Mango, motivo dominante è lo struggimento da ricordo, che trova luce nel contrasto cromatico fra il grigiore degli impermeabili-divisa e la festosità rutilante di panni stessi al sole, di ragazze ebbre di gioia prima del tempo. Energica l’espressione del sentimento affidata all’impeto generoso di Alessandra Casale, Matilde Dileo, Angela Lanotte, Giulia Marcone, Paola Nezi e Rossella Somma. A seguire, “Si può”, di e con Teresa Tota, la cosa migliore della serata. La breve, acuta coreografia è ode scherzosa all’imprevisto, che, come ha detto Amélie Nothomb nel suo ‘Metafisica dei tubi’, è condizione fondamentale nel divenire umano. Tra perfezionismo e nevrosi da pianificazione (s’immagini un ibrido tra un clown e Mister Bean) si muove un personaggio tanto comico quanto spigoloso e intransigente. “Si può” rivela una danzatrice sorprendentemente matura. Chiusura con “Allege”. Di nuovo risate per una performance che, se nulla ha a che vedere con la danza, è pure estranea al teatro. “Allege”, di e con Clement Layes, è infatti giocoleria a sfondo filosofico. Per quasi mezz’ora il giovane artista tedesco regge sul capo un bicchiere d’acqua mentre con altra acqua gioca in vario modo, tra le righe irridendo la platea. Il messaggio, affatto cifrato, è un richiamo a non nutrire aspettative di qualsivoglia genere che comportino la produzione d’ansia ; aspettative tra cui – visto lo scempio fatto in scena – inseriremmo pure la pretesa che la risorsa acqua sia inesauribile. Non è la prima volta che Layes s’interroga sia sulle strutture sociali, politiche e culturali che sulla posizione occupata dal singolo al loro interno. Il tentativo di forzare il linguaggio coreografico attraverso il confronto con altre discipline, come quelle circensi, genera un ibrido difficile da dimenticare. Quel bicchiere in perenne equilibrio sul capo – che ha tenuto il pubblico in ansia per tutta la durata di “Allege” – è invito a non smarrire la rotta in mezzo alle vicissitudini del dover fare. Dovere, quest’ultimo, assolvibile col minimo danno, ove l’animo sia stato purgato della fregola di un obiettivo da conseguire ; fregola corrosiva che, come insegna Budda, alimenta la catena del desiderio e della conseguente infelicità.
 
italointeresse@alice.it


Pubblicato il 13 Ottobre 2011

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