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Scisma Pd, Emiliano sempre più in mezzo al guado

 

L’assemblea nazionale del Pd di domenica scorsa è finita con un nulla di fatto per chi, come il governatore pugliese Michele Emiliano, sperava forse in un segnale di distensione in extremis nei rapporti conflittuali tra maggioranza interna che fa capo al segretario uscente del partito, l’ex  premier Matteo Renzi, ed i tre rappresentanti (Roberto Speranza, Enrico Rossi e Michele Emiliano) della minoranza “anti renziana” che da qualche settimana avevano minacciato la scissione, nel caso in cui non fossero state accolte alcune richieste da essi avanzate. Segnale che, come avevano intuito anche i meno scafati di politica, già dopo la conclusione dei lavori della direzione nazionale del Pd svoltasi lunedì della scorsa settimana, non c’è stato e non avrebbe potuto certo esserci visti i toni a cui era ormai arrivato il conflitto interno al partito, tra il segretario Renzi e coloro che ne contestano l’operato, minacciando l’uscita dal Pd, per fondare una nuova formazione antagonista e concorrenziale allo stesso tempo. Toni che, come è noto, hanno raggiunto il loro livello di punta proprio il giorno prima dell’assemblea nazionale, vale a dire sabato scorso, quando i tre aspiranti candidati “anti renziani” alla segreteria del Pd  si sono riuniti al “teatro Vittoria” di Roma, da dove hanno lanciato definitivamente il loro ultimatum a Renzi, con le condizioni minimali per recedere dai propositi di divorzio politico nel Pd. Insomma, un braccio di ferro che, alla luce di come sono poi andate le cose, non ha per nulla intimidito e preoccupato l’ex premier, che ha comunque tirato dritto con i propositi annunciati nella direzione dem dello scorso inizio settimana. Infatti, nel discorso introduttivo all’assemblea Renzi si è dimesso da segretario, dando così anche formalmente il via alle procedure congressuali che, secondo lo statuto del partito, devono ultimarsi entro quattro mesi con l’elezione del nuovo segretario. Ma a rendere ancor più esplicite le intenzioni della maggioranza interna, e quindi a chiarire in modo ancor più inequivocabile la decisione già assunta di andare evidentemente avanti senza più alcun tentativo di intermediazione con i tre rappresentanti della minoranza, è stato lo stesso Renzi che nel suo discorso all’assemblea ha, tra l’altro, sottolineato che in politica di “peggio” della “scissione” c’è il “ricatto”. A questo punto, però, sarebbe interessante sapere quanto abbiano inciso nello scontro interno in atto al Pd i contrasti sui programmi e quanto invece quelli sui futuri assetti di collocazione per le candidature alle prossime elezioni politiche. Però, su questi temi finora è trapelato ben poco. Ciò che, invece, è venuto alla luce è stata l’atteggiamento ultimo del presidente della Puglia, Emiliano, che, pur di scongiurare lo scisma nel Pd, è apparso ondivago e contraddittorio nei toni, ma anche nel merito, rispetto a quanto dichiarato fino a 24 ore prima dell’assemblea nazionale. Infatti, Emiliano con il suo intervento all’assemblea, forse fuori programma e verosimilmente neppure concordato con gli altri due esponenti di cordata, Speranza e Rossi, ha sì messo a nudo la volontà di Renzi e della maggioranza che lo sostiene a non voler arretrare di un solo millimetro rispetto a quanto già deciso, ma ha anche dato l’impressione che quanto da lui sostenuto (compreso il rischio di paventata scissione) fino al giorno prima della riunione all’Hotel Parco dei Principi di Roma, con toni a volte anche aspri contro Renzi, fosse stato solo un grossolano tentativo di “bluff ” andato però male, perché l’ex premier, anziché cedere almeno a qualcuna delle richieste della minoranza dem, ha alzato la posta in gioco ed ora attende di “vedere” effettivamente le “carte” dei suoi avversari interni. Impressione, questa, che probabilmente non è solo di comuni osservatori, ma anche di molti addetti ai lavori. Infatti, il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, intervenendo al Tg 24 di Sky, ha commentato che Michele Emiliano “deve stare attento a non apparire contradditorio, uno che cambia idee velocemente”. E, proseguendo sulle vicende interne al Pd, il Primo cittadino di Napoli (anch’egli come Emiliano con un passato in Magistratura) ha aggiunto: “Posso auspicare una cosa, è che Michele abbia il coraggio delle scelte”. “In questo – ha sottolineato De Magistris – nel Pd di Renzi ci sono poche prospettive di cambiamento”. Quindi, dopo la sortita all’assemblea del Pd, Emiliano è –  secondo molti addetti ai lavori della politica (e non solo della geografia interna al Pd) – sempre di più in mezzo al guado. Infatti, soprattutto in Puglia, dove il governatore controlla la maggioranza del partito, molti si chiedono: “Che farà Emiliano, ora che Renzi ha di fatto ignorato totalmente il suo accorato appello, dai toni contraddittori e quasi elemosinanti?”. Un rebus, questo, che dovrebbe essere sciolto a breve. Infatti, c’è già chi non esclude altri colpi di scena finali da parte del governatore pugliese, che nella posizione in cui si è cacciato con il tentativo di scalzare Renzi e la sua inopportuna e, forse, prematura candidatura a segretario del Pd potrebbe anche essere indotto a sbagliare le mosse politiche successive, rischiando di diventare politicamente marginale nello scenario politico nazionale futuro, sia che abbandonasse il Pd di Renzi (a questo punto!) sia, ancor di più, se decidesse di restarvi. Infatti, in Puglia e, in particolare, a Bari c’è già chi attende in silenzio qualche suo passo falso per metterlo in ombra definitivamente. A questo punto la decisione sul da farsi non può che spettare solo a lui. Intelligenti pauca.  

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 21 Febbraio 2017

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