Cultura e Spettacoli

Se l’amore si sgretola…

‘Che non si muore per amore è una gran bella verità’… scriveva e cantava Lucio Battisti. E aveva ragione. Ciò non toglie che – a certe condizioni – questo sentimento possa rivelarsi quasi altrettanto dannoso. Se, essendo di mezzo l’amore, la lucidità entra in crisi, lo scombussolamento può mandare al tappeto la ragione. Si parla allora di delirio d’amore. Questo black-out del buonsenso trova spesso spazio in teatro, nel quale funge da motivo d’ispirazione. Di recente una compagnia di casa nostra, L’Occhio del Ciclone Theater, ha offerto dimostrazione di tale assunto con un allestimento andato in scena al Granteatrino Casa di Pulcinella. ‘Deliriodamore’ consiste in due distinte performance convergenti su un punto: Quando si sgretola, ovvero quando trascende in delirio, l’amore può non riconoscersi allo specchio. A fomentare tale degrado è soprattutto la modestia emozionale di chi mette in moto il meccanismo d’amore. Svaporata l’iniziale ebbrezza, questa pochezza umana prima o poi emerge. Gli innamorati di un tempo, allora, gettano la maschera e si svelano per quello che sono: meschini, triviali, perfidi, rancorosi, caustici, contraddittori… Nella prima performance due amanti stanchi l’uno dell’altro (e stanchi altresì di scoprirsi personalmente inetti all’amore) danno vita ad un plateale e muscolare gioco al massacro in cui sono palesi i riferimenti a Ionesco e al teatro dell’assurdo. Nella seconda messinscena i toni si smorzano e il delirio d’amore – che ruota questa volta intorno al tema del tradimento – si raccoglie in un esercizio della frecciata, con qualche eco pinteriana. Insomma, si comincia col catch e si finisce giocando di fioretto. Ma la sostanza delle cose resta invariata: a furia di tirar secchi, la non inesauribile cisterna dell’amore comincia a offrire acqua sempre più melmosa…. La regia di Gianfranco Groccia adotta perciò registri differenti, che ispirano luoghi diversi: se inizialmente l’azione può ambientarsi in un albergo ad ore, nella frazione successiva essa sembra spostarsi in uno di quei salotti ‘buoni’ che fanno da habitat agli intrighi stucchevoli dell’alta borghesia. Sicché, l’asciutto disegno scenografico – che reca ancora la firma di Groccia – non localizza alcunché, concentrandosi su un solo e comune elemento: un guardaroba da cui l’ipocrisia dei personaggi attinge la materia prima necessaria a cambiare pelle. Ben diretti, si muovono in scena i bravi Lino De Venuto, Giambattista De Luca, Emanuella Lomanzo e Tiziana Nuzzo. – Luci e fonica: Nicola Santamato : Scenotecnica : Emanuele Hila. Molto buona l’accoglienza del pubblico.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 4 Aprile 2019

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