Se le donne cantassero: O bello ciao…
Si avvicina il debutto al Teatro Van Westerhout di un lavoro scritto, diretto e interpretato da Elisabetta Aloia, affiancata da Marinella Dipalma
Crescendo, le Figlie della Lupa, diventavano prima Piccole Italiane, poi, raggiunti i 18 anni, assurgevano a Giovani Italiane. La divisa della Giovane Italiana comprendeva una camicetta bianca di tipo sportivo e una gonna nera, a pieghe e che si fermava sotto il ginocchio. I pantaloni, no, quelli spettavano ai uomini, guerra o pace che fosse. Portare i pantaloni, una volta, era espressione di potere, da cui le ‘femmine’ erano escluse. Un problema, preesistente, che l’etica fascista esaltò assegnando alla donna il ruolo di fertile ‘fattrice’, di angelo della casa, di custode del focolare…. Poi venne la guerra e con la guerra la Resistenza…. e le donne partigiane indossarono i pantaloni. Divennero infermiere, portaordini, informatrici, anche combattenti e nel senso più militare del termine. Stavano gettando le basi del futuro diritto al voto e, più avanti, della riforma del diritto di famiglia, dell’introduzione del divorzio, dell’aborto e d’altre conquiste sociali (molte delle quali oggi di fatto a rischio). Tutto ciò ispira Elisabetta Aloia, autrice di ‘Dateci i pantaloni – La Resistenza delle donne’. Interpretato dalla stessa Aloia e da Marinella Dipalma (ricerca vocale), lo spettacolo sarà presentato in prima nazionale al Teatro Van Westerhout di Mola di Bari il 21 aprile prossimo (h 21:00). Autoprodotto dalle stesse interpreti e col patrocinio dell’ANPI, ‘Dateci i pantaloni’ va controcorrente e si distingue per il coraggio con cui assume una posizione che in questo frangente, in ‘alto’, può essere giudicata politicamente scorretta. Una tessitura di parole e canti (partigiani e di lavoro) dà voce al racconto di una giovane inizialmente indottrinata e costretta alla divisa; vedi immagine. Ma l’abbandono della scuola per l’opificio, il rifiuto del padre di iscriversi al fascio, la morte di un fratello ammazzato dalle squadracce, infine la guerra e gli stenti della guerra sono cose che fanno perdere la fiducia nel Dux-lux, fanno spalancare gli occhi e deflagrare una rabbia ribelle. Una ragazza senza nome diventa rapidamente donna e indossa i pantaloni della partigiana (momento che nella messinscena è rappresentato dall’annodarsi al collo un fazzoletto rosso). I pantaloni però si rivelano strettissimi: Gli aguzzini nazi-fascisti non scherzano, le donne da ‘depurare’ da condizionamenti storici puntano i piedi e i ‘compagni’ non manifestano sufficiente riconoscenza per chi a volte rischia anche più di loro, sminuiscono un contributo oscuro e tuttavia determinante, addirittura vorrebbero escludere le partigiane dalla sfilata in armi del 25 aprile all’indomani della fine della guerra… Per eroine non riconosciute la strada si presenta aspra e in salita… ‘Dateci i pantaloni’ non conosce fronzoli, va dritto al sodo : due sedie bastano per dare vita ad un’azione cruda, che mette in luce tutta l’energia di una ‘pasionaria’. Lodevolmente pensato per le scuole, il lavoro della Aloia non poteva che chiudersi con ‘Bella Ciao’. Ma quale idea buffa immaginare un mondo all’incontrario nel quale donne si danno alla macchia e come canto di guerra intonano una canzone il cui ritornello suona: O bello ciao, bello ciao…
Italo Interesse
Pubblicato il 28 Marzo 2023