Sede unica giustizia: un altro maxi-appalto che annaspa tra i ricorsi
Ritorno al passato: si finisce travolti dai marosi giudiziari, quando a Bari si decide di costruire grandi gare
Sempre più irta di ostacoli la strada per giungere alla sospirata sede unica della giustizia nell’ex area militare ai margini di Carrassi, a Bari. Laddove, in ogni caso, bisognerà superare le barriere di ricorsi, contro-ricorsi a livello amministrativo e penale, come fosse una novità la baraonda giudiziaria che si scatena ogni volta che in questa città si aprono le porte ad appalti giganteschi come questo da oltre 400 milioni gestito dall’Agenzia del Demanio. Agenzia che non potrà, dunque, rispettare i tempi del crono-programma sventolati in gran pompa nella sala-convegni ‘A. Moro’ dinanzi ad autorità politiche, amministrative, militari e giudiziarie all’inizio di ottobre, due anni fa. Un ritardo che, molto probabilmente, non potrà che alimentare le speranze del comitato di scopo per un vero parco verde a Carrassi. Comitato e cittadini che hanno sollevato dubbi pesanti sulle delibere contraddittorie adottate dal Consiglio Comunale, ma anche sulla lievitazione esagerata dei prezzi progettuali e perfino sulla presenza di amianto in un’area occupata da caserme costruite nel lontano 1940, con un’opposizione all’archiviazione decisa dal pubblico ministero su cui deve ancora pronunciarsi il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Bari. Ma tornando alla maxi-gara in corso, bisognerà quasi certamente attendere l’anno venturo per l’aggiudicazione di progettazione esecutiva e posa della prima pietra dell’opera confluita sotto i fari del Consiglio di Stato, mentre il Ministero di Giustizia (…e quindi ancora i contribuenti) ha già finanziato manutenzioni milionarie per non far cadere a pezzi l’attuale, vecchia sede della giustizia civile al Libertà in un altro appalto funestato anch’esso da ricorsi e contro-ricorsi. E così, mentre si spendono ingenti fondi e quattrini pubblici per sedi provvisorie – che però potrebbero trasformarsi in definitive, come succede spessissimo in questo Paese – e s’inceppa una licitazione già dall’inizio complicata e contestata – come detto all’inizio – tornano a galla dubbi, indagini e processi che hanno lastricato le strade baresi ogni volta che s’è deciso di metter mano a grandi appalti. E’ successo con lo stadio/astronave di Renzo Piano nel lontano 1987 – …che continua a occuparsi dei nostri giardini, al quartiere San Paolo – ma anche con la sede unica della Regione per accorpare uffici disseminati in tutta la Puglia: anche lì c’è stato bisogno di aspettare più di trent’anni per sottrarre il mega-affare degli affitti a ditte e società private. Tutto questo in una città/capoluogo ciclicamente tormentata dai rapporti ravvicinati tra politica, mafia e affari – stiamo tuttora aspettando il responso sul Commissario al Comune dopo un’indagine disposta dal Ministero dell’Interno – col Tribunale che s’è portato a lungo la stessa, brutta immagine di Roma/Capitale; un’ombra cucita addosso a Bari all’inizio degli Anni ‘90 dopo l’incendio del Teatro Petruzzelli e poi gli arresti eccellenti della sanità privata. Sospetti, indagini e contese tra giudici e piemme, fino ai veleni nella gestione delle sezioni fallimentari: elenco da ‘noir’ che anni dopo ha visto protagonista un premier in decadenza col suo stuolo di nani, avvocati e ballerine con un’inchiesta partita proprio dalla Città di Bari che ha fatto tremare i palazzi del potere romano. Allora era la “Bari/Roma da bere” per faccendieri di mezza tacca che accumulavano appalti e denaro in cambio di sesso. Pecunia non olet’ per i latini, ma c’erano anche i viaggi a/r Bari-Trani, quando ogni tanto rimbalzavano i casi dei giudici che, tramite i loro consulenti, chiedevano soldi in cambio di sentenze. E che magari oggi ripetono: “Non siamo più il porto delle nebbie”, però i processi che finiscono sotto la mannaia della prescrizione aumentano a vista d’occhio, in questa città. Insomma, era una classe dirigente farcita di professionisti e politici sul banco dell’accusa anche per le sentenze pilotate in materia tributaria e le truffe per gli incidenti taroccati. Inchieste che toccano anche i figli degli avvocati, così a qualcuno tornano in mente altre indagini a Bari, per finire archiviate e poi nell’oblio. Come quella sulle case per le forze dell’ordine e acquistate a via Pappacena come appartamenti di lusso da dirigenti comunali, pezzi grossi e figli di giudici in pensione. Ma chi non ha la memoria corta ricorda ancora che questa città finì sulla bocca di tutti per via di quella Missione Arcobaleno che l’attuale governatore lasciò a metà per buttarsi in politica e che vedeva indagati personaggi ammanigliati a D’Alema-premier. Nel dimenticatoio – …anche in questo caso sono trascorsi anni – le nomine dei primi giudici di pace: secondo denunce assai circostanziate la graduatoria fu taroccata anche per nominare giudice onorario la moglie d’un avvocato ben ammanigliato e con protezioni in alto. Così come capitava a qualche dirigente dell’Università degli Studi di Bari che se ne andò in pensione con l’accusa di taroccare il concorso per avvocato.
Francesco De Martino
Pubblicato il 20 Dicembre 2024