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“Senso civico” non demorde, presentato appello contro la sentenza del Tar

Presentato in Appello al Consiglio di Stato il ricorso di alcuni candidati della lista “Senso civico” contro la sentenza del Tar Puglia che, dopo l’udienza dello scorso 14 gennaio, non ha accolto la richiesta di rettifica del risultato elettorale della predetta lista alle regionali del 20 e 21 settembre scorso e, di conseguenza, ha respinto l’assegnazione al gruppo di liste denominato “Senso Civico – Un nuovo Ulivo per la Puglia” dei seggi spettanti. La questione – come si ricorderà – verte sulla percentuale conseguita da “Senso civico” nella torna elettorale che ha visto riconfermare il governatore pugliese uscente, Michele Emiliano, con una percentuale di consensi del 46,78% e, quindi, l’attribuzione del premio di maggioranza alle liste che lo sostenevano e che hanno superato la soglia di sbarramento del 4% all’interno della coalizione che ha avuto Emiliano come candidato presidente. Infatti, secondo quanto emerge dal verbale dell’Ufficio centrale regionale elettorale della Corde d’Appelli di Bari, il gruppo di liste denominato “Senso Civico – Un nuovo Ulivo per la Puglia” ha riportato la percentuale di voti validi del 3,76% e, quindi, è stato escluso dal riparto per l’assegnazione dei seggi in Consiglio regionale. Fatto, questo, contestato da 5 candidati ( Ernesto Abaterusso della circoscrizione di Lecce, Alfonso Pisicchio di quella barese, Luigi Giorgione di Foggia, Sabino Zinni della Bat e Giuseppe Tanzarella di Brindisi) di detto “gruppo” politico (in primo grado, al Tar Puglia, i candidati ricorrenti erano 6, però all’Appello ha rinunciato Cosimo Borraccino della circoscrizione tarantina) che sono risultati tutti i più suffragati della lista “Senso civico” nelle rispettive circoscrizioni elettorali provinciali, dove sono stati candidati alle scorse regionali. Infatti, secondo gli appellanti l’interpretazione della normativa elettorale effettuata dal Ucr presso la Corte d’Appello di Bari sarebbe non corretta, in quanto illogica e contradditoria anche ai fini aritmetici, poiché ha assunto come denominatore a base del calcolo percentuale delle liste la somma dei voti conseguiti dai candidati presidenti anziché quella riguardante le liste che hanno partecipato alla consultazione. Difatti, il punto centrale della controversia, sia in primo grado al Tar che in appello al Consiglio di Stato, è rappresentato dalla grandezza che deve indicarsi al denominatore che esprime il calcolo della suddetta percentuale, perché è pacifico che al numeratore vadano indicati i voti validi conseguiti da ciascuna delle liste di cui si calcola la percentuale. Orbene, secondo l’Ucr che ha indicato a denominatore la somma dei voti conseguiti dai candidati alla Presidenza della Giunta regionale (pari a 1.854.628 voti), la lista “Senso civico”, con i suoi 69.799 voti, si sarebbe fermata al 3,79. Mentre, prendendo a denominatore la somma dei voti conseguiti da tutte le liste (pari a 1.675.583), la conseguenza è che la percentuale conseguita dalla lista “Senso Civico” diviene pari al 4,16%. Dunque, superiore alla soglia di sbarramento e, quindi, ha diritto all’assegnazione di seggi all’interno della coalizione di centrosinistra che sosteneva Emiliano. In Tar Puglia, con sentenza (della III Sezione) n.148 dello scorso 25 gennaio – come innanzi riferito – ha ritenuto legittima l’operazione dell’Ucr ed ha rigettato il ricorso. Però, ora i citati ricorrenti, attraverso il loro difensori (il prof. Massimo Luciani di Roma e gli avvocati pugliesi Felice Eugenio Lorusso e Piermassimo Chirulli) hanno impugnato tale verdetto ravvisando evidenti gravi “vizi” che possono riassumersi in un “error in iudicando”, eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione ed omessa pronuncia su un punto determinante della controversia. Ma il dato sul quale è forse opportuno evidenziare in questa sede è che – come si sottolinea anche nel ricorso d’Appello – la somma delle percentuali dei gruppi di lista, secondo il criterio di calcolo effettuato dall’Ucr, risulta pari a 90,35%, anziché a 100%, come dovrebbe invece essere secondo la nota regola matematica. Infatti, hanno obiettato i difensori dei ricorrenti anche nell’atto di Appello: “Quando si calcolano delle percentuali, è del tutto ovvio, si calcola quanta parte (quanto ‘per’, appunto) del totale ‘cento’ sia ascrivibile a un certo soggetto od oggetto. Poiché si tratta di sommare plurime ‘x’ (cioè plurimi ‘%’) di questo ‘cento’, è altrettanto ovvio che il totale della somma delle ‘x’ (cioè dei ‘%’) deve essere cento e non può non essere altro che cento. Non una unità (o frazione) di più, non una unità (o frazione) di meno”.  Quindi, seguendo quanto effettuato dall’Ucr e confermato dalla sentenza appellata, il criterio adottato porta ad un risultato matematicamente illogico e inaccettabile, che – secondo gli appellanti – già “dimostra per tabulas l’erroneità dell’interpretazione normativa che ha generato quei calcoli”. In definitiva, nel criterio adottato dall’Ucr e ritenuto normativamente giusto dal Tar Puglia, secondo i ricorrenti in Appello si sarebbero generate delle manifeste incongruenze dovute al fatto di aver effettuato una commistione tra i conteggi relativi alla determinazione dei candidati eletti e quelli invece legati all’elezione del presidente. Però, i difensori dei 5 candidati di “Senso civico” che hanno proposto Appello, oltre a chiede al Consiglio di Stato di correggere il risultato delle elezioni regionali pugliesi  del 20 e 21 settembre 2020, con la conseguente assegnazione al gruppo di liste denominato “Senso Civico – Un nuovo Ulivo per la Puglia” dei seggi ad esso spettanti,  in subordine hanno chiesto ai giudici di Palazzo Spada di sollevare una questione di incostituzionalità dell’art. 8, comma 1, – 44 – lett. i), della l. reg. Puglia 10 marzo 2015, n. 7, per violazione degli artt. 1, comma 2, 3 e 48 della Costituzione. I tempi per conoscere l’esito di questo giudizio d’Appello? Verosimilmente dai tre o quattro mesi. Intanto, alcuni dei ricorrenti possono continuare a sperare in un ritorno nell’Aula barese di via Gentile ed alcuni dei consiglieri di maggioranza presenti nell’Assemblea pugliese possono invece continuare a “dormire” sonni tranquilli per la loro elezione. Però, non troppo se le tesi difensive di coloro che hanno contestato le risultanze dell’Ucr ed il verdetto del Tar Puglia dovessero trovare accoglimento in sede romana, a Palazzo Spada. E lì – come è noto – il giudizio sarebbe inappellabile, per tutti.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 16 Febbraio 2021

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