Cultura e Spettacoli

Senza tramonto il culto dei Maestri

Non teme gli oltraggi del tempo il mito dei Genesis. Non bastasse il numero sterminato di cover band sparpagliate nel mondo e quello più ridotto di musicisti che si appassionano a comporre cose in rigoroso stile Genesis, ecco anche le rivisitazioni. L’ultima riscrittura di cui ci è giunta notizia si distingue per originalità. ‘Play me my song’, di Francesco Gazzara è trasversale al repertorio ’70-’80. Lavorando sui pochissimi spartiti esistenti e sulla memoria di prolungati ascolti, Gazzara procede per sottrazione : via per prima cosa voce e batteria. Quindi passa a ridurre tutto per tastiera (pianoforte, organo hammond, mellotron e sintetizzatori). Ciò fatto, affida a un fiatista e a un trio d’archi il lavoro di cesello. L’immenso lavoro di (ri)partitura dà origine a un lungo viaggio acustico che nelle intenzioni dell’autore si pone come la “colonna sonora di un film immaginario dedicato ai ricordi collettivi di chi ha masticato tutta la vita la musica dei Genesis”. Diciannove le tracce, ripartite in due album. La suddivisione non è casuale. Le prime dieci, contenute nel cd 1, vanno da ‘Trespass’ a ‘The lamb lies down on Broadway’ ; le restanti nove muovono da ‘A trick of the tail’ per fermarsi a ‘Duke’. Ovvero i Genesis e i Genesis del dopo Gabriel. Prodotto da IRMA Records,  ‘Play me my song – Gazzara plays Genesis’ è disponibile sia in cd digipack che in vinile gatefold. Un lavoro prezioso che, mentre regala al profano l’occasione di un ascolto piacevolissimo e un motivo d’incuriosirsi e approfondire, riserva al cultore una rilettura inattesa del fenomeno Genesis. Con coraggio temerario Gazzara si sottopone a una prova epica. La necessità di inventare lo obbliga a soluzioni ardite. Talora appare in difficoltà, altre volte trova colpi d’ala bellissimi che gli consentono di superare ostacoli sulla carta insormontabili. Nel complesso la sua audacia può dirsi premiata. Non era facile, rinunciando alla voce, mantenersi fedele ad un pensiero musicale che fa proprio della voce uno dei valori fondanti (l’allontanarsi di Peter Gabriel non fece voltare pagine alla formazione? e la voglia d’indipendenza di Phil Collins non segnò la fine di una storia?). Questa fedeltà è bene espressa anche dalla copertina del disco nella quale si fa esplicito riferimento a quella di Nursery Cryme, il terzo album e che risale al 1971. L’inquietante ragazza che nell’originale copertina impugna una mazza da croquet con stile da assassino seriale (e difatti il suolo è cosparso di teste mozze che fungono da palle) è qui sostituita da una matura e un po’ stralunata signora che sul luogo dello stesso antico fattaccio sembra cercare qualcosa. Se quella signora è la ragazza di quarant’ani fa, il cerchio si chiude : Su una gloriosa piana deserta e surreale si lavora di memoria e fantasia per rivitalizzare tracce di un passato indimenticato. Ovvero quanto ha provato a fare il bravo Gazzara.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 12 Novembre 2014

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio