Cultura e Spettacoli

Siamo figli di Marte e della verghiana lupa ?

Prima di tutto, il doveroso (nei riguardi dei nostri 25 Lettori): ”Errata corrige”. Nel nostro ultimo Scritto, erroneamente, avevamo detto che Malcom X aveva Pronunciato il Toccante, quasi, Proclama: ”I have a dream”. Invece, come è noto, era stato M. Luther King nel Famoso Discorso del 26 agosto 1963 al “Lincoln Memorial”. “Procedamus”! Secondo il Professore Steven Benner, del prestigioso “Westheimer Institute for Science and Tecnology” della fFlorida, primordiali forme di Vita sarebbero giunte sulla Terra a bordo di meteoriti provenienti da Marte. Ha Comunicato lo Scienziato americano questa probabile Scoperta al Convegno Mondiale di Geochimica, tenutoSsi a firenze, dal 25 al 30 agosto, Affermando: ”Tre miliardi di anni fa, quando la vita è esplosa sulla Terra, non c’erano le condizioni favorevoli alla sua origine, ma su Marte sì  e ancora sussistono, secondo gli ultimi dati forniti anche dalle esplorazioni di Curiosity”.  Siamo, noi umani, figli di marte? Facendo Riferimento alla Mitologia Classica, si potrebbe con meschina ironia giustificare l’annosa, belluina bellicosità degli uomini tra loro con la filiazione di essi da marte, dio della guerra. Dalle nostre parti Tito Livio in “Ab urbe condita”, Ennio in alcuni frammenti degli “Annales”, Fabio Pittore avevano favoleggiato, avevano favoleggiato  che il fondatore di roma, romolo, fosse il furtivo figlio di marte e di una sua vestale. Già il solco tracciato da romolo, per delimitare i confini della prisca roma, secondo la leggenda, fu bagnato di sangue del fratello remo, da lui “sine pietate” trucidato! Messe da parte le grossolane giustificazioni consolatorie che affondano la loro nebulosa irrazionalità nelle leggendarie credenze ”d r nannascene” (si dice a bitonto), cioè dei nostri progenitori, a far data da millenni e millenni, NOI Pensiamo che, per guarire dai loro sanguinari “archetipi” (che nella Psicologia Analitica di C.G. Jung sono le immagini, i simboli, i contenuti primordiali e universali, presenti nell’inconscio collettivo), gli ominicchi, singolarmente, o in quanto microgruppi o macrogruppi, quando “sentono salirsi il sangue alla testa”, come, volgarmente, si borbotta, dovrebbero volgere gli occhi  al cielo alla ricerca del luogo dal quale sarebbe arrivato ciò che sarebbe diventato “Vita Umana”, Comune a tutti gli uomini, del passato, del presente, del futuro, senza distinzione alcuna di genere sessuale, di colore della pelle, di casta, di classe e sentirsi tutti figli di qualcosa venuto da molto lontano in cui era custodita l’Essenza Generale degli “Animalia”, di ciò che Vive sulla Terra. Essenza Generale che dovrebbe Sollecitare, Ispirare quelli che nella storia si sono mostrati, non smettono di mostrarsi nel presente, certamente, si mostreranno nel futuro “quaquaraqua” a Rispettarsi tra loro, a Conservare la Natura, la flora, la fauna in Essa e tutto ciò che la “Selezione Naturale” ha Reso Degno di Essa ché Durasse nel Tempo o nei tempi. Negli  “ominicchi”, se essi avessero l’Animo Sensibile, se per un istante si Stupissero della gelida indifferenza con cui si sono dati, si danno, si daranno la morte, le sofferenze; con cui hanno praticato, praticano, praticheranno sul Prossimo atroci soperchierie, ingiustizie, lo sfruttamento degli uni sugli altri e si Chiedessero: ”Perché ?”, l’Interminato Spettacolo di Sublime Bellezza dell’azzurro stellato dovrebbe Portarli alle Medesime Considerazioni che Giacomo Leopardi Enuncia con Poetica Chiarezza ne “La Ginestra”, il suo Testamento Spirituale, Filosofico, Politico: ” E poi che gli occhi a quelle luci appunto, /ch’a lor sembrano un punto e sono immense, in guisa / che un punto a petto a lor son terra e mar /veracemente; a cui /l’uomo non pur, ma questo /globo ove l’uomo è nulla/ sconosciuto è del tutto… /…al  pensier mio / che sembri allor, o prole / dell’uomo?…”. Se proprio volessimo “inepte dicere”, dire assurdità, e considerarci “propropronepoti” di marte, dovremmo soffermarci sulla dualità delle mitologie alle quali nell’antichità greco romana i Poeti, i Cantori, gli Aedi, specialmente, Finsero di Affidarsi o delle quali Finsero di Fidarsi. Per la mitologia classica marte diventò omologo del greco ares, dio della guerra; per la mitologia romana più arcaica marte era, anche, dio del tuono, della pioggia, della fertilità. La pioggia rendeva lieti, ubertosi i campi che donavano cibo agli uomini; rendeva fertili le zolle di terra marte e gli uomini; così il Pianeta Si Popolava di Vite, ArricchendoSi di Varia Vita, ché ogni Vita Porta un Tassello Precipuo alla Costituzione di quella Totalizzazione in Corso che è la Vita. Nella seconda parte del nome “marte”, preponderante è il lemma “Ars” (m-“Ars”) che configura nei suoi molteplici significati (arte, maniera di agire, abilità, talento in una cosa, mestiere, professione, cognizioni) la Capacità, la Disponibilità dell’Uomo di Fare la Casa, in cui Vive, Confortevole, Adeguata alle sue Molteplici Esigenze, non la ”hybris”, la violenza contro natura, la tracotanza, l’insolenza di distruggerLa. Eppure, La sta distruggendo! Non convince più nessuno il verbo “coniugare”! Oggi, tutto si coniuga: particolarmente, il farisaico riguardo per l’ambiente naturale con la crescita, cioè l’ininterrotto sviluppo economico dell’occidente del mondo, includendo in esso la cina, il giappone, parte dell’india. Non di tutti i popoli! Non di quelli che, pur, sistemati su territori ricchi di materie prime, “grazie” al depauperamento imperialistico, colonialistico, “mutatis mutandis”, in atto per l’imposizione di “re travicelli” a capo di essi da parte delle nazioni centrali (despoti regnanti o governanti in nome e per conto dei loro padroni di fatto), sono in uno stato di indigenza assoluta, affamati, per la malnutrizione o denutrizione afflitti, endemicamente, da virulente malattie, con alto tasso di mortalità infantile, di analfabetismo. Sviluppo economico, giammai, dismesso, significa pretendere che la Terra possa sopportare, tollerare all’infinito i traumi, le ferite, le sopraffazioni, lo sfruttamento a cui in occidente i detentori del potere economico, che tracima, indirettamente, in quello politico, la stanno sottoponendo. Se niente di ciò che abbiamo contezza è infinito: l’universo medesimo, forse, ha dei limiti, dei confini; moltissime stelle si sono spente, altre si spegneranno, il sole si spegnerà, figuriamoci se della piccolissima gleba, su cui l’uomo vive, si possa ipotizzare un “modus vivendi ad infinitum” scevro della consapevolezza delle limitate risorse, in via di esaurimento, che fanno da scranno alle pretese di arricchimento “in progress”  di una minoranza di delinquenti, di ladroni, di grassatori in occidente. Cos’è l’avarizia ? E’ la brama, Diremmo patologica, di avere, possedere, ognora, di più attraverso la rapina. Tutto  rapinano gli avari transnazionali alla Comunità Umana; per vivere nel lusso, nello sfarzo, nei comodi  inimmaginabili stanno rendendo calva la Terra, distruggendo le foreste. L’Amazzonia, il più importante polmone verde  per l’Umanità, ogni anno, per diversificati motivi di speculazione da parte di chi lassù può ciò che vuole, viene rimpicciolita, come se si privasse l’europa della regione austriaca. La devastazione dei territori di qualsiasi zona del mondo non è nuova: là dove c’è il potere (l’anomalia dei rapporti umani), lì c’è la noncuranza più imperturbabile, l’apatia senza pudore nei confronti dell’ambiente, della sua conservazione. Si pensi che roma, fino alle guerre puniche, cioè fino allo scontro con cartagine, quella sì potenza marinara, si era disinteressata dell’egemonia sul o nel Mediterraneo in quanto la sua classe dirigente (le “gentes”, le famiglie nobili di diritto senatoriale) fondava la sua ricchezza sullo sfruttamento estensivo di grandi proprietà fondiarie, al demanio rapinate, in cui impiegava gli schiavi che le continue guerre  ad essa fornivano. Apparvero sulla scena dell’ ”economico” romano gli “homines novi”, usurai (in realtà gli odierni banchieri), appaltatori di opere pubbliche, mercanti, gabellieri in continua ricerca di nuovi mercati, ove poter esercitare le loro, spessissimo, illecite professioni e transazioni. L’ ”economico” usa la politica, fa pressione sugli antichi detentori della politica e l’antica classe dirigente in roma, per venire incontro agli interessi di questa borghesia avida, avara, fa di roma una potenza marinara che non poteva, non doveva venire a patti (come, spesso, vengono a patti le famiglie mafiose, camorriste, drangtatiste che si spartiscono la “camicia di cristo” per esercitare il loro malaffare in cui si sono specializzate) con cartagine: sul o nel mediterraneo si doveva essere egemoni una potenza per volta e guerra fu, e non si contarono i morti! (Che dire della carneficina di canne, dall’una e dall’altra parte ?). Da dove i generali romani presero i legni per costruire la flotta acconcia a competere con una potenza marinara di lungo corso, come cartagine ? Dalla puglia! La puglia in tutta la sua estensione e larghezza era ricoperta da una criniera di pini che furono senza scrupoli tagliati e diventò, così, pelata, brulla, spoglia, assolata, sitibonda. Ecco le responsabilità dell’uomo dei bruschi, apocalittici cambiamenti climatici! Qualche pino, però, gli antichi quiriti pensarono di salvare ché le future generazioni avessero la stura di cosa era stata la puglia e di cosa sarebbe, dopo, stata. Lungo il rettilineo provinciale, che va da trani a barletta, sopravvive, forse, ai due lati della strada qualche malinconico pino, remoto generato di quei pini, a testimonianza di cosa non sia (il congiuntivo, sintatticamente, pur, corretto, non è, storicamente, identitariamente, applicabile in questo caso  all’uomo), ma di cosa è (l’indicativo è asseverativo di una storica Verità) capace l’uomo del potere per dare al potere, che detiene, il supporto incommensurabile del denaro. Nell’osservare lo scempio a cui è sottoposta l’area della provincia di bari (capannoni di zone artigianali, di zone commerciali, diabolici per gli spropositati metri cubi occupati, distributori di benzina, ovunque, speculazione edilizia), abbiamo il timore che le “foreste” di ulivi, piante oggetto di tutela da parte dell’ ”Unesco”, Simbolo di Pace e di Fratellanza tra i popoli, fra una diecina d’anni faranno la medesima fine delle foreste di pini divelte dai romani, Gli ulivi ambasciatori della puglia nel mondo, ché dal loro frutto, l’ ”oliva coratina”, si produceva a bitonto, anche, per le particolari tecniche o metodi di lavorazione, il miglior olio che i palati umani potessero assaporare. Oggi, perché la piante d’ulivo, per le miserabili motivazioni che rimandano ad altrettanto miserabili opportunità di profitti, si vanno, sempre, più diradando, si produce olio di bitonto con le olive provenienti dalla spagna, dalla tunisia, dalla grecia, magari, o si fa passare per olio di bitonto, o olio “tout court”, intrugli chimici sui quali sarebbe meglio non insistere, per non smettere di immagazzinare più cibo. Il potere, in altra occasione abbiamo Detto, si fa abbattere le torri gemelle di new york o, durante la seconda guerra mondiale, si fa affondare dai giapponesi a pearl harbor gran parte della flotta, per avere il pretesto di sospendere i Diritti Fondamentali del Cittadino, Sanciti dalla Costituzione. Da ”rai news 24” del 30/08/2013 Apprendiamo che è stato rivelato il “black budget” dell’ ”intelligence” usa: 52 miliardi di dollari. La talpa della “nsa” ha passato al “washington post” il bilancio segretissimo delle agenzie di spionaggio americano, cioè, come testé Dicemmo, 52,6 miliardi di dollari. Fonti anonime delle agenzie medesime, “tamen”, ammettono l’incapacità di fornire alla “casa bianca” informazioni cruciali sulla sicurezza nazionale; quando, poi, aggiungiamo NOI, sono in grado di farlo, gli inquilini della “casa bianca” valutano con le lobby, di essi finanziatrici, se sia conveniente dare ad esse l’importanza che meritano o far morire tre mila innocenti nell’inferno di manhattan, per prepararsi l’alibi di arraffare il petrolio di saddam hussein che con quell’inferno non aveva niente da spartire. Così gli “states”, che hanno il terzo mondo assoluto al loro interno al cospetto della ricchezza più iniqua, spendono miliardi di dollari per spiare la ”privacy” degli americani, e non solo, controllandoli, perfino, nei loro movimenti esistenziali più intimi e, poi, costringono milioni di americani a non curarsi ché in essi la Salute ha la tutela dello strozzinaggio privatistico. Cari 25 Lettori, vi ricordate di kim jong – un che fece prendere a cannonate alcuni generali  del  regime della corea del nord, di cui egli è il despota, rei di non aver versato litri di lacrime alla morte del padre ? Ebbene, codesto criminale, in questi giorni omaggiato da una delegazione di parlamentari italiettini, ha fatto fucilare la sua ex fidanzata, una nota cantante nordcoreana, e 11 componenti di una “band” musicale, rei di aver scattato foto e girato video, mentre facevano sesso, ignari delle pene severissime a cui andavano incontro. Non sempre il potere controlla i suoi sudditi con i carabinieri; spesso li controlla inducendo in essi regole morali, da cui esso si sente “absolutus”, sì che ogni suddito si considera mandatario di un dovere: controllare il suo dirimpettaio che, se le trasgredisse, non potrebbe esimersi dall’obbligo di riferire la violazione di esse al manovratore. Lassù! Tanto deve essere accaduto nella corea del nord dove regna il giovane, unto dal nonno e dal padre, kim jong – un. La stronzaggine di tanti padri nell’istituzione famigliare si trasmette ai figli:  la figlia di riina, la giovane lucia, si dice onorata e orgogliosa del nome che porta, ché è il nome del padre. La famiglia non permette che i suoi componenti possano mettersi in atteggiamento di distanza dai crimini perpetrati da uno o più di essi. Pochi italiettini si sono scandalizzati delle affermazioni della, dianzi, citata, ché, come Diceva Moravia, lo stivale è abitato non da una società, ma da una federazione di famiglie di stampo, di moralità condominial – mafiosa e nessuno degli affiliati  a codeste famiglie ha potuto dar torto a lucia riina, in quanto ciascuno di essi, nelle condizioni della corleonese, si sarebbe espresso nei medesimi accenti famigliar –  mafiosi non della “Figlia non di Iorio” (Tragedia di D’annunzio), ma della tipica figlia del capo dei capi della mafia o della figlia ”tout court” di un piccolo-borghese, vile per praticare il credo mafioso”, ma, pseudoculturalmente, da esso, intimamente, commosso.

Pietro Aretino, già detto Avena Gaetano

pietroaretino38@alice.it      

        


Pubblicato il 3 Settembre 2013

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