Cultura e Spettacoli

Sirene e uomini-pesce

Il mondo della mitologia è ricco di ibridi mostruosi come l’arpia, il grifone, l’ippogrifo, l’unicorno, la chimera, la salamandra, il basilisco… In alcune di queste contaminazioni è presente l’uomo. Si parla allora di centauri, di arpie o satiri a seconda che all’incrocio concorreranno cavalli, rapaci oppure caproni. Più note sono  le ibridazioni umane col mondo marino. Le leggende delle sirene e degli uomini-pesce sono comuni ai mari di ogni latitudine. Non potevano perciò esserne esclusi quelli di casa nostra. Skuma e Leucasia sono i nomi di due sirene le cui leggende si ambientano rispettivamente a Taranto e a Santa Maria di Leuca. La prima leggenda ha per protagonista una giovane sposa tarantina la quale un giorno, durante l’assenza del marito (il solito pescatore), si lascia sedurre da altro pretendente. Indignato, il marito carica la sposa sulla barca, la porta al largo e la spinge in acqua. Impietosite, le sirene accolgono la bellissima ragazza e la eleggono a loro regina col nome di Skuma (schiuma). Ma ecco il pescatore pentirsi del gesto e invocare il ritorno dell’amata. Vi riuscirà grazie all’intervento di una fata, che gli suggerisce come rubare alle sirene il fiore di corallo che adorna il loro giardino acquatico. Veniamo ora a Leucasia che si lascia attirare dalle note dello zufolo che Melisso, un pastorello, suona su uno scoglio. Emersa, la sirena si offre al giovanetto che però rifiuta per restare fedele alla sua Arìstula. Offesa dal rifiuto, Leucasia giura vendetta. Quando successivamente  scorge i due innamorati abbracciati sullo stesso scoglio, scatena a colpi di coda una gran tempesta che risucchia in mare i due innamorati. A tempesta finita i corpi di Melisso e Arìstula giacciono senza vita sulle punte opposte di una piccola insenatura. Impietosita, interviene Minerva che consacra all’eternità le due spoglie trasformandole in scogli (oggi Punta Meliso e Punta Ristola) ; anche Leucasia diventa scoglio, ma per effetto del rimorso. C’è poi un’altra leggenda, che si racconta a Vieste, quella di Pizzomunno, nome anche del monolite alto circa 25 metri che si leva all’inizio di spiaggia Castello. Pure qui un comune mortale (Pizzomunno, un giovane pescatore) osa fare il prezioso con le sirene per fedeltà all’amata (Cristalda). Pronta la vendetta delle ninfe che, una sera, mentre Cristalda sta ad aspettare l’amato su un uno scoglio, la rapiscono trascinandola nei loro nascondigli. Pietrificato dal dolore, Pizzomunno si tramuta nel celebre monolite. E gli uomini? In tutte le versioni il mito di Colapesce è diffuso nel Mezzogiorno. I primi a parlarne, con varianti anche significative, sono stati il canonico Walter Map, frate Salimbene de Adam da Parma, il monaco Gervasio di Tilbury e il poeta franco provenzale Raimon Jordan. Premesso che tutte le testimonianze convergono sullo stesso nome (Nico, Nicola, Nicolaus), veniamo alle ultime due. Gervasio riferisce di un Nicolaus soprannominato Papa e “pugliese di nascita” mentre Jordan canta di un “Nichola de Bar… che viveva come un pesce”. L’uomo-pesce era pugliese, era di Bari? – Nell’immagine, ‘Il canto delle sirene’, una scultura di Luigi Galligani.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Aprile 2018

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